La storia non si fa coi “se” né coi “ma”, questo è poco… ma sicuro. Riavvolgere il nastro, in cerca di progetti mai andati in porto, ha, però, un suo fascino. Nell’infinita sfilza di “what if…?” legati all’industria automotive, una voce entusiasmò i fan dell’Alfa Romeo Giulia verso la fine del 2018. Stando ai rumor, un nuovo motore avrebbe potuto arricchire la gamma. Il fitto rincorrersi di indiscrezioni condusse a un passaparola velocissimo, giunto fino alle orecchie degli aficionados italiani e stranieri.
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Un’entry-level mai vista
Si trattava di un benzina 1.3 litri turbo con 180 CV e 270 Nm di coppia motrice massima, la versione d’attacco introdotta prima del 2.0 benzina da 200 cavalli e 330 Nm di coppia e sotto al 2.2 diesel, disponibile nelle varianti low-cost da 136 e 150 CV. Il propulsore ipotizzato sarebbe stato un ricorso storico, infatti l’Alfa Romeo Giulia del 1963 era la 1.3 più veloce sulla faccia della Terra, capace di raggiungere una velocità di punta di 155 km/h con 78 CV sprigionati.
L’esemplare era in procinto di montare il piccolo motore Firefly che FCA aveva già sviluppato per Fiat, assicuravano fonti vicine al quartier generale. Sarebbe andata a rinforzare una famiglia di “cuori pulsanti”, la Global Small Engine, che avevano esordito nel 2016 sulla Fiat Argo in Brasile. Questi erano i degni eredi dei noti Fire degli anni ’80, dal carattere straordinario.
Unità modulari, realizzabili a tre o quattro cilindri, per 1.0 o 1.3 di cilindrata, alimentati da turbocompressore, sembravano la base ideale per le future auto ibride del gruppo. Ancora la fusione insieme a PSA Groupe era uno scenario lontano, tramutato in realtà a inizio 2021. Chiaramente per quanto riguarda l’Alfa Romeo Giulia, l’1.3 doveva essere adeguata al carattere sportivo della vettura e al suo peso. E in tal caso le “gole profonde” paventavano generasse intorno ai 180 CV: ottimi valori per una quattro ruote dalle dimensioni ridotte.
La presunta base delle ibride del domani
Gli stessi propulsori davano l’impressione di sposarsi alla perfezione con le ibride e plug-in del domani. Ipotesi poi tramontate, al contrario di versioni differenti, come il tre cilindri sovralimentato 1.0 da 120 CV di potenza e 190 Nm di coppia, montato su Fiat 500, 500X, 500L, Jeep Renegade e Compass.
Prendevano, invece, la direzione opposta i ritirati Multiair e certe declinazioni dell’imperituro Fire standard. Compatti, garantivano meno emissioni e migliori consumi, con potenza e coppia superiori rispetto ai modelli che sostituiscono. Oltre al 1.3 T4, 180 CV di potenza e 270 Nm di coppia, la classe Firefly comprendeva anche un tre cilindri da 1 litro, sempre turbocompresso: si chiamava T3 e sviluppava rispettivamente 120 Cv e 190 Nm.
All’epoca del chiacchiericcio emerso sulla presunta unità entry-level dell’Alfa Romeo Giulia i portavoce ufficiali avevano preferito barricarsi nel silenzio. La berlina, dal suo debutto, non aveva ancora registrato particolari novità a livello di motorizzazioni. Di conseguenza, pareva destinata a registrare un ampliamento del portafoglio.
In precedenza si era parlato dell’arrivo di nuovi propulsori di fascia alta, quali il 2.0 turbo benzina da 350 CV o di un diesel più potente. Dopodiché, erano trapelati dei rumors di tutt’altro tipo, indirizzati a un pubblico meno abbiente. Delle semplici congetture, mai seguiti da risvolti concreti.