C’erano una volta gli anni Settanta. Un’epoca d’oro per i motori, dove regnavano vetture di eccellente qualità, pronte a sfidarsi, senza timore reverenziale, a suon di cavalli e look avveniristici. Le ambizioni e le risorse permettevano ai progettisti di investire su produzioni nobili, in tutto il mondo. Nella nostra penisola dominavano la scena gioielli assoluti tipo la Lamborghini Countach o la Ferrari 512 BB, entrambe spinte da un dodici cilindri e dotate di linee eleganti. Non esisteva, però, nulla di simile all’Aston Martin Bulldog.
Se le avessero dato le ali, magari avrebbe anche spiccato il volo. L’aspetto richiamava, infatti, quello di un razzo… stradale. La Casa britannica ammetteva i propri intenti in maniera cristallina: superare le 200 miglia orarie, un traguardo che, in rapporto al periodo, sembrava un lontano miraggio. Sotto la carrozzeria squadrata e aggressiva, pulsava un otto cilindri biturbo da 600 cavalli, un mostro meccanico in grado di catapultare la vettura verso velocità supersoniche. Disegnata da William Towns, vide la luce nel 1978 sotto forma di concept car e a questo si fermò.
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Il momento sbagliato
Purtroppo, la crisi energetica degli anni Settanta e alcune difficoltà tecniche misero a repentaglio i piani. La Bulldog rimase un prototipo, un sogno interrotto o, per richiamare William Shakespeare, di mezza estate. Ma la storia non finisce qui. Come una fenice che risorge dalle proprie ceneri, l’Aston Martin Bulldog è tornata a nuova vita, grazie alla passione e all’impegno di un gruppo di esperti restauratori.
Settemila ore di lavoro, una cura spasmodica dei dettegli e un amore ancestrale nutrito verso i motori, ha permesso al veicolo di risplendere. Ogni vite, ogni bullone, ogni componente è stato analizzato ad hoc, restaurato e riassemblato. Ne deriva un capolavoro di ingegneria e design, una quattro ruote in apparenza uscita da un film di fantascienza.
E quale palcoscenico migliore per il suo comeback trionfale se non il prestigioso Concorso d’Eleganza di Pebble Beach? Qui, in uno degli appuntamenti più glamour dell’intero anno, la Bulldog si è palesata nel pieno della sua essenza. Tra le altre supercar, ha suscitato l’interesse generale. Eseguito dalla Classic Motor Cars (CMC) a Bridnorth, nel Shropshire, la versione restaurata ha raggiunta una velocità di 205,4 miglia orarie, pari a circa 330,5 km/h. Calato il sipario, verrà restituita al legittimo proprietario negli Stati Uniti.
Cornice ideale
La scelta di Pebble Beach come cornice è giustificata anzitutto dalla visibilità internazionale. Difatti, la kermesse attira collezionisti, appassionati e media globali. Dedicare il debutto di una quattro ruote tanto iconica e rara in un contesto del genere assicura immediato appeal. Tra le righe, viene, infatti, sottolineato il prestigio, simbolo di tempi lontani, custoditi nello scrigno dei ricordi.
Spesso i visitatori della cerimonia sono poi spesso degli esperti di settore, capaci di apprezzare appieno le proprietà tecniche e originali. Ciò determina un dialogo con un pubblico di nicchia, dei palati fini, che si sentono pervadere dalle emozioni. Inoltre, l’atmosfera può avere degli effetti positivi sotto il profilo economico: un’accoglienza soddisfacente in un concorso di siffatto prestigio ha il potenziale di incidere sulle quotazioni future.