Indimenticabili Fiat anni ’70: dalla 127 alla Ritmo

Negli anni '70 del secolo scorso, la Fiat ha dominato la scena automobilistica internazionale con una serie di modelli audaci, innovativi e indovinati

Foto di Tommaso Giacomelli

Tommaso Giacomelli

giornalista automotive

Nato e cresciuto a Lucca, laureato in Giurisprudenza a Pisa, sono riuscito a conciliare le due travolgenti passioni per auto e scrittura. Una grande fortuna.

Pubblicato: 10 Aprile 2024 14:15

Gli anni ’70 del secolo scorso sono stati un periodi di intensi cambiamenti, di rivoluzioni e di mode. Tra le giacche di velluto e i pantaloni a zampa d’elefante, al cinema nasceva l’astro di John Travolta e della sua “Febbre del Sabato Sera“. Intanto il mondo osservava con timore una possibile scintilla che potesse accendere una nuova guerra mondiale, mentre il conflitto in Vietnam scuoteva l’opinione pubblica. La crisi energetica e la guerra del Kippur, invece, influirono non poco sul settore dell’automobile che in Europa vedeva un costruttore spiccare sopra tutti: Fiat. Il colosso italiano era primo per vendite nel Vecchio Continente, riuscendo a trainare il carrozzone Italia durante i tremendi anni di piombo. Tra innovazioni tecniche e colpi stilistici fuori dal comune, Fiat ha saputo cavalcare al meglio quel periodo storico, favorita dalla presenza nel suo organigramma di alcuni talenti indiscussi tra progettisti, designer e manager.

Fiat 128

A onor del vero, la Fiat 128 viene presentata nel 1969, diventando l’anno successivo l’auto dell’anno. Il progetto porta la firma del più geniale fuoriclasse del Lingotto, Dante Giacosa, colui che ha dato i natali – fra le tante – anche alla 500. La 128 è una vera rivoluzione per la casa torinese, in quanto è il primo modello della sua storia a sfruttare lo schema composto da motore in posizione trasversale e trazione anteriore. La 128 è un sistema che cambia diceva un celebre spot.

La Fiat 128

La berlina compatta sfoggia uno schema tecnico sofisticato e innovativo, che conta su: sospensioni a quattro ruote indipendenti con McPherson all’avantreno e balestra trasversale, con funzione anche di barra stabilizzatrice, al retrotreno. Questa soluzione prende il nome di “disposizione Giacosa“. Tenuta di strada e dinamica di guida sono dei veri punti di forza, esaltate dal comportamento del motore 4 cilindri in linea di 1116 cm³ da 55 CV, che spinge la piccola Fiat a una velocità massima dichiarata in circa 140 km/h. La linea è solida e senza fronzoli, indiscutibilmente moderna e affine al gusto degli automobilisti dell’epoca. Un autentico successo da oltre 3 milioni di esemplari venduti.

Fiat 127

Nel 1972, il tempo è maturo per dare un’erede alla 850, così tra i corridoi di Mirafiori spunta fuori un nome: Fiat 127. La parola d’ordine è innovare e così fu, seguendo l’esempio della recente 128. A comandare il Centro Stile Fiat, c’è ancora Dante Giacosa,  che per la 127 si affida alla matita del designer Pio Manzù. Quest’ultimo concepisce un oggetto dal sapore di nuovo: una due volumi dall’ingombro di poco superiore alla precedente 850, ma con un abitacolo più spazioso e luminoso. La meccanica permette, invece, un’abitabilità ideale per quattro persone, mentre il bagagliaio è intelligente e funzionale, con la ruota di scorta che trova posto nel vano motore.

La best-seller Fiat 127
Fonte: Archivio Fiat
Uno dei grandi successi di Fiat

Ciò che abbaglia, invece, è lo stile, perché la Fiat 127 ostenta un cofano motore “a conchiglia” che racchiude parzialmente i parafanghi e i fari anteriori rettangolari. Un gioiello per audacia e futuribilità. Tutti sono contenti ed estasiati. L’auto vince il premio Car of the Year del 1972. Alla fine della sua mirabolante corsa che termina nel 1987, gli esemplari venduti in toccano quota 8 milioni. Impressionante.

Fiat 126

Per la Fiat 126 la carriera si sviluppa su un percorso in salita, perché ha l’obbligo di succedere a un’auto amatissima come la 500, che – a sua volta – scandito la vita degli italiani in un periodo d’oro per il Bel Paese. Anche stavolta dietro alla simpatica sagoma della 126 si nasconde lo zampino di Dante Giacosa, che si ispira alla concept City Car di Pio Manzù. Rispetto alla gloriosa auto che va a sostituire, la 126 è molto più ricca e solida, possiede dei lamierati più spessi, una scocca più robusta e offre uno spazio maggiore.

Erede della Fiat 500
Fonte: Archivio Fiat
L’erede designata della Fiat 500

Gli interni sono curati e il cambio diventa semi-sincronizzato, a eccezione della prima marcia. Un bel passo avanti rispetto al Cinquino, con il quale condivide il motore 594 cc da 23 CV, lo stesso della coeva 500 R. Quando debutta la seconda serie, inizia la vera favola della 126, che la vedrà protagonista in ogni angolo del globo. Prodotta dal 1972 al 2000, con circa 5 milioni di esemplari venduti, è uno dei più grandi successi di Fiat.

Fiat 132

Nel corso degli anni ’70, nella fabbrica Fiat di Torino vengono fatti degli importanti investimenti, che si riversano nella fase di assemblaggio delle vetture. Il lavoro dell’uomo viene reso meno complesso perché compaiono dei robot a svolgere alcuni compiti rilevanti, come quello della saldatura di determinati punti della carrozzeria. A compiere questa operazione ci pensano degli elettrosaldatori, mentre il primo modello del marchio a godere del trattamento automatizzato è l’ambiziosa ammiraglia Fiat 132. La grande ammiraglia dallo stile sobrio, molto tradizionale, rispecchia in pieno i canoni di bellezza del suo periodo. La silhouette è quella di una tre volumi a quattro porte, i cui punti di forza sono la mascherina anteriore con doppi fari gemelli di forma circolare, le maniglie incassate e i paraurti senza rostri.

La grande ammiraglia Fiat 132
Fonte: Archivio Fiat
L’ammiraglia degli anni ’70

La meccanica è decisamente tradizionale con la trazione al retrotreno, le sospensioni anteriori a quadrilateri e posteriori a ponte rigido, mentre l’impianto frenante a quattro dischi è servoassistito. Al momento del lancio nel 1972, i motori proposti sono dei quattro cilindri bialbero dal taglio sportivo, con cilindrata di 1.6 o 1.8, con carburatore doppio corpo e potenze di 98 o 105 CV. Il cambio manuale è un manuale a quattro velocità. Termina la sua carriera nel 1981 con 652.000 esemplari prodotti, lasciando campo alla sfortunata Argenta.

Fiat 131

La Fiat 131 è una berlina media presentata al Salone dell’Automobile di Torino del 1974. Un periodo storico complesso, tra crisi energetiche, alto costo del carburante, inflazione e scioperi di massa. Cavalcando questo contesto scivoloso, il Lingotto opta per avere un’auto sobria e pragmatica. Il lavoro viene portato a termine con successo, anzi, la 131 si rivelerà così ben costruita da sorprendere, eccellendo anche in ambito sportivo, togliendosi lo sfizio di laurearsi campione del mondo rally per tre anni consecutivi, anche grazie all’apporto della squadra corse di Abarth.

Sobrietà e pragmatismo per la Fiat 131
Fonte: Archivio Fiat
La berlina media sobria e solida

La Fiat 131 viene concepita con scocca composta da una cellula abitativa indeformabile, mentre il muso e la coda sono congegnati per assorbire qualsiasi tipo di urto. Inoltre, i paraurti sono ad incasso per permettere una maggiore elasticità in caso di sinistro, mentre i lamierati sono imbullonati anziché saldati. I primi propulsori, quelli del debutto, derivano direttamente dalla 124: 1.3 da 65 CV e il 1.6 da 75 CV. Nel tempo la gamma verrà ampliata notevolmente. Quasi 3 milioni di esemplari sono il risultato di tanti anni di attività, divisi tra la produzione italiana, spagnola, turca ed egiziana. Un vera world car.

Fiat Ritmo

La Fiat Ritmo debutta al Salone dell’Automobile di Torino del 1978, lasciando tutti a bocca aperta. Sembra un’automobile uscita dal futuro, con una linea a due volumi che colpisce per l’alto tasso di innovazione. Ha un musetto simpatico con due fari grossi e circolari che assomigliano a due occhioni sbarrati, mentre al posteriore manca la consueta coda, anche se c’è un portellone dall’ampia vetrata inclinata.

La rivoluzionaria Fiat Ritmo
Fonte: Archivio Fiat
La rivoluzionaria Fiat Ritmo del 1978

La Ritmo rappresenta un bel taglio con il passato, anche grazie all’uso imponente della plastica al posto del legno, della pelle e dei vari materiali che rivestivano le vetture delle decadi precedenti. La plastica poi era davvero un parte fondamentale della sua struttura, perché questo materiale componeva i paraurti che non erano più sporgenti e in lamiera, ma incastonati dentro alla carrozzeria. Inutile dire che ebbe un successo fragoroso, continuato anche dalla seconda serie che fece un passo indietro in termini di originalità stilistica.