Tesla e i problemi di sicurezza sono diventati una costante da qualche tempo a questa parte. Una bella gatta da pelare, l’ennesima, che inasprisce ulteriormente gli animi in seno alla Casa, già piuttosto agitati. Di motivi, del resto, ve ne sono un sacco. Se il 2023 è stato l’anno dell’azzardo, con i drastici tagli ai prezzi di listino, ora viene il momento di pagarne dazio. Gli utili hanno avuto, tanto per cominciare, una sensibile contrazione, con le immatricolazioni da record maturate dalla Model Y, decretata auto più venduta nel 2023, che avevano tratto in inganno. Pur di sbancare il mercato, Elon Musk ha dato una netta sforbiciata ai prezzi, inimicandosi nel recente periodo numerosi azionisti. Che, dal considerarlo alla stregua di un profeta, hanno cominciato a perdere fiducia nei suoi confronti, fino a rimbrottare le cifre del suo compenso, giudicate troppo elevate.
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NHTSA passa di nuovo all’azione: i modelli interessati
In un clima già “caldo” a sufficienza, le temperature rischiano ora di diventare roventi. La patate bollente è il richiamo di oltre 125.000 veicoli disposto dal Costruttore per un malfunzionamento del sistema di allarme delle cinture di sicurezza. La National Highway Traffic Safety Administration (NHTSA), l’ente federale americano preposto a sovrintendere la sicurezza stradale, ha puntualizzato che il provvedimento riguarda alcune Model S (fabbricate dal 2012 al 2024), Model X (2015-2024), Model 3 (2017-2023) e Model Y (2020-2023). Il sistema di segnalazione dovrebbe fornire segnali acustici e visivi ai conducenti per avvertirli quando la cintura non è allacciata. Ma, riferisce NHTSA, gli avvisi delle cinture di sicurezza non si attivavano al momento previsto, in contrasto ai ligi requisiti federali.
Piove sul bagnato: i precedenti del 2024, riguardanti pure il Cybertruck
Per ovviare alla criticità, l’azienda avvierà nei prossimi giorni la distribuzione gratuita di un aggiornamento software via etere ai veicoli interessati. Ergo, senza recarsi in officina, gli utenti vedranno il disagio risolto. Ciò che ne resta è il danno all’immagine, messa a repentaglio nel 2024 da episodi simili. Soltanto un mese fa sempre Tesla ha richiamato 3.878 Cybertruck, anche se per un motivo di diversa natura. A quanto pare, il pedale dell’acceleratore rischiava di staccarsi e incastrarsi nel pavimento interno aumentando la probabilità di incorrere in incidenti.
A febbraio, invece, l’ente federale statunitense aveva comunicato il richiamo di quasi 2,2 milioni di unità immatricolate negli Stati Uniti, a causa delle dimensioni troppo piccole di certe spie sul quadro strumenti. A scopo preventivo, l’associazione aveva preferito tirare i remi in barca. Comunque, la vera falla si troverebbe nell’Autopilot, il sistema di guida (semi)autonoma sviluppato da Tesla stessa.
Sebbene Musk ne abbia decantato gli elogi fin dal giorno uno, la tecnologia innovativa avrebbe fallito alla prova diretta. Un problema mica di poco conto, specie se la compagnia ha in mente il cambio di business suggerito dai media americani. In tempi non sospetti, Musk aveva ventilato la commercializzazione delle auto a parità del costo di produzione. E, anche senza dirlo in maniera esplicita, aveva lasciato pensare a un modello economico incentrato sull’Autopilot e il Full-Self Driving offerti come optional. Ma perché pagare mai un servizio se lacunoso?