50 anni. Due parole e trema il polso di qualsiasi appassionato di compatte cattive: GTI. Dal 1976 è una sigla che vuol dire “Golf con gli artigli”, un simbolo di guerra per quelli che hanno accantonato i risparmi per evadere dalla noia. E adesso, a Wolfsburg hanno deciso di festeggiare senza mezze misure: si chiama Volkswagen Golf GTI Edition 50, 320 cavalli puliti, il GTI di serie più potente di sempre. Un giro di lancio? Fanno le cose in grande: Nürburgring Nordschleife, 20,8 km di curve maledette, alias “Green Hell”. Al volante Benjamin Leuchter, pilota ufficiale, crono sparato: 7:46 minuti. La Golf più veloce mai costruita sull’anello dell’inferno. Le chiacchiere si sgretolano, schiacciate dalla potenza bruta.
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Dalla Clubsport S a oggi: aumenta il veleno
Se vogliamo capire questo “mostriciattolo“, ci tocca tornare indietro al Clubsport S del 2016: una Golf nuda e cruda, rollbar, due sedili, niente panchina posteriore. La Edition 50 nasce lì: base Clubsport, ma pompato. Sotto il cofano batte lo stesso 2.0 TSI portato a 320 CV (239 kW) e 420 Nm di coppia, circa 60 cavalli in più rispetto a un GTI “base”. La trasmissione? DSG sette marce, ovvio. Trazione anteriore, come sua maestà GTI impone. Nessuna deriva 4Motion, qui la battaglia è davanti.

Volkswagen non si è limitata a incrementare i cavalli e via. La Edition 50 arriva con assetto DCC Sport dedicato, differenziale anteriore a bloccaggio elettronico e sterzo progressivo rifinito. Hanno pescato a piene mani dal know-how accumulato in mezzo secolo di GTI, con la Clubsport S come bibbia. Le molle sono state indurite, la frequenza naturale aumentata del 20%. L’altezza da terra? 15 mm più bassa di un GTI normale. Se prendi il Performance Package, butti giù altri 5 mm. In aggiunta, la Casa di Wolfsburg propone una chicca: semi-slick Potenza Race Bridgestone su cerchi forgiati Warmenau da 19”. Peso ridotto di 3 kg a ruota. Più aderenza e meno inerzia. Gran finale, lo scarico Akrapovič in titanio e 11 chili in meno sulla bilancia.
Il record al Nürburgring resta cronometro, pura sostanza. Leuchter lo dice apertamente: “La Golf GTI Edition 50 è la Volkswagen più precisa che abbia guidato. Istintiva, sincera, spinge a dare tutto“. Detto da uno che sull’Inferno Verde mastica curve e cordoli fa effetto. Serve a ricordare una cosa: chi sceglie GTI cerca numeri, ma prima ancora pretende una leggenda viva. Apri la porta: cinture rosse, sedili sportivi in motivo scozzese, dettagli in Racing Green. Una sala prove, un altare per macinare giri. Sul volante in pelle spicca il logo GTI 50. Paddle solidi, impugnatura viva, plastiche cheap bandite.
Tornado Red e segni di famiglia
Fuori la stessa identità: spoiler marchiato, calotte scure, scarichi lucidi, fascia laterale in Tornado Red. Cinque tinte a listino: Pure White, Moonstone Grey, Grenadilla Black, Dark Moss Green e Tornado Red. Quest’ultima segna una stirpe: dagli anni ’80 veste le Golf più feroci. Un segno inconfondibile per chi sa leggere la storia a colpo d’occhio.
La Golf GTI nasce nel 1976 come idea quasi clandestina: un pugno di ingegneri Volkswagen decide di infilare un motore più grosso dentro una berlina compatta, senza chiedere troppi permessi. Nasce così una trazione anteriore cattiva ma gestibile, sospensioni irrigidite, interni spartani con sedili scozzesi e una linea che non urla. Tempo un colpo di acceleratore e trasformavi una macchina ordinaria in un’arma da curve.

Dal 1976 a oggi, più di 2,5 milioni di Golf GTI hanno lasciato Wolfsburg. Il profilo è rimasto irresistibile: una compatta, motore pronto, trazione anteriore e linea pulita. Niente fronzoli, solo pezzi funzionali. La GTI è entrata nei cortili di casa, è passata di mano in mano. Ha portato in strada giovani, padri, figli, senza cerimonie.
All’interno sedili solidi e leva del cambio a portata di braccio, e, per un tocco di personalità ulteriore, un volante con cuciture rosse. Invece del comfort da salotto, ha mantenuto lo stretto necessario per consentire al conducente di entrare in perfetta sintonia con la vettura. La sigla rossa dice che qui non si spreca niente. Ed è evidente la direzione, fatta di strada, pista, o un passaggio veloce la sera. La GTI funziona così da mezzo secolo: se ci sali, sai cosa ti porti a casa.
Concorrenza sparita, la GTI resta
Nel frattempo, fuori Wolfsburg la concorrenza si è assottigliata. Una volta la Golf GTI affrontava vis-à-vis le Peugeot GTI, le Renault Sport, le Civic Type R e le Astra OPC. Adesso resta poco: qualche Civic pepata, la Hyundai i30 N se cerchi rumore, le versioni sportive di Audi o Cupra se vuoi salire di categoria. La GTI, invece, resta dov’è: non promette di spaccarti i timpani o di vincere un track day, promette di darti un sedile basso e un frontale che spinge forte finché puoi. Tutto qui. Semplice da capire, difficile da mollare.
La Edition 50 pesa più di un numero buono per slide o convegni. Lo conferma Thomas Schäfer, CEO Volkswagen: “Da 50 anni il GTI non significa solo prestazioni e precisione. È uno stile di vita che tiene insieme i nostri fan in tutto il mondo”. Frase da manifesto, stavolta supportata dai fatti. Schäfer chiude la porta ai compromessi e firma nero su bianco: il GTI resta vivo, con pistoni e benzina, finché ci sarà strada da mordere. La Edition 50 alza un muro.
Willmann, capo telaio VW, segna il confine: “Abbiamo riversato 50 anni di esperienza GTI in questo assetto. Abbiamo ripreso la base Clubsport, l’abbiamo rifinita con semi-slick, molle più rigide e sterzo vivo. È la più precisa di sempre”. E Benjamin Leuchter, collaudatore ufficiale, ci ha messo la firma: “Questa GTI Edition 50 si guida come una lama, precisa e pulita, la più reattiva che abbia mai portato sul Ring. L’ho spinta senza doverla domare: risponde subito, ti fa sentire parte di lei”.
La Edition 50 manda un segnale: nonostante l’elettrico che avanza, nonostante la CO₂, nonostante le chiusure a benzina in Europa, Volkswagen riconosce che un appassionato con due mani buone e una strada da piegare vuole ancora un quattro cilindri benzina dentro. Lo fa ora, lo farà finché ne avrà modo. E quando smetterà, resteranno le storie.