Il mondo della cinematografia, negli ultimi tempi, sta proponendo a cascata dei biopic, ovvero sia dei film sulla vita di alcuni personaggi famosi, che hanno lasciato il segno nel corso della storia, recente o meno. Solo per fare un esempio, il fenomeno dell’anno è stato senza dubbio “Oppenheimer“, basato su J. Robert Oppenheimer e il suo progetto Manhattan, ma a quanto pare anche il mondo dell’automobile si presterebbe a questo genere di intrattenimento. Quindi, dopo il deludente (e scadente) film su Ferruccio Lamborghini, adesso è il turno di Enzo Ferrari.
La pellicola sul Drake, chiamata semplicemente “Ferrari“, arriva nelle sale il 14 dicembre, con molte aspettative. La produzione è di quelle altisonanti, basti pensare che alla regia c’è la firma del candidato al premio Oscar Michael Mann, mentre il cast è formato da un nugolo di attori di altissima qualità, a partire da Adam Driver (nei panni di Enzo) e Penelope Cruz.
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Un periodo ben delimitato
Queste biografie su pellicola di ultima generazione hanno come scopo prioritario quello di delineare in modo scrupoloso le personalità dei vari personaggi affrontati, tratteggiare il loro carattere, la loro indole, descrivendo al meglio le loro vicende, tra successi e fallimenti, paure e speranze. Anche in “Ferrari” la formula viene ripetuta in modo efficace, perché vengono narrati fatti risalenti al 1957 quando il patron del Cavallino Rampante vive il suo momento più delicato, dopo la morte prematura del figlio Dino, scomparso a 24 anni per distrofia muscolare.
Il Drake deve fronteggiare anche una crisi matrimoniale, una relazione parallela con l’amante e, soprattutto, deve mettere in sicurezza il suo tesoro: l’azienda che porta il suo nome. Per rilanciare le vetture di Maranello c’è una sola strada, che è quella che porta alla vittoria nelle competizioni. L’obiettivo prioritario si chiama trionfare alla Mille Miglia. Gli appassionati di automobilismo sanno senz’altro che Taruffi riuscirà a portare la Ferrari sul gradino più alto del podio, ma a caro prezzo.
Ferrari, un film intenso
Nei mesi scorsi il film diretto da Michael Mann è entrato nel vortice delle polemiche, innescate da Pier Francesco Favino, il quale si interrogava sul perché la produzione hollywoodiana non avesse scelto neppure un attore italiano per raccontare le vicende di una delle leggende più solide dello Stivale. Archiviato questo dissidio, il lungometraggio americano ha trionfato al Festival di Venezia, anche grazie alla prova attoriale di Adam Driver, invecchiato con un efficace make up per assomigliare al Ferrari sessantenne, convincente specialmente nelle movenze, nelle espressioni facciali, nel tono duro e nel cinismo. Valida anche Penelope Cruz nei panni della moglie, Laura, sconvolta dalla prematura perdita del primogenito e rassegnata all’infedeltà del marito.
La pellicola, poi, può contare sulla supervisione e la consulenza diretta di Piero Ferrari, secondogenito del Drake, che ha permesso di limitare le classiche licenze storiche all’americana che, in questo caso, sono ridotte all’osso. Solo in pochi frangenti vengono prese delle libertà per fini di trama. Infine, le riprese di gara, l’accuratezza delle automobili, la riproduzioni dei costumi e le ambientazioni dell’Italia dell’epoca sono molto fedeli e potrebbero accontentare anche il più esigente degli appassionati. Dunque, non resta altro che mettersi comodi e scoprire le vicende dietro all’uomo che è diventato leggenda.