Un singolare caso di furto seriale è emerso nella Gigafactory Tesla di Berlino. La refurtiva? Non batterie o Model Y, bensì tazzine da caffè Ikea. Lo ha comunicato il direttore dello stabilimento, Andre Thierig, che ha denunciato la sparizione di oltre 65.000 pezzi da quando la fabbrica ha aperto i battenti nel marzo 2022.
“Statisticamente, ogni persona che lavora qui dovrebbe averne ormai più di cinque a casa – ha commentato -. E personalmente sono stufo di approvare ordini per l’acquisto di nuove tazzine”. Ciò che si dice un vero e proprio ‘tesoro’ di ceramica: il prezzo di ciascun prodotto si aggira intorno ai 3 euro. Se i calcoli sono esatti, la compagnia ha già sborsato oltre 200.000 euro per rimpiazzare le tazzine scomparse.
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Le possibili ragioni
Ora verrebbe da interrogarsi sul perché di questo accanimento verso le tazzine. In fondo, presso lo stesso impianto vi sono beni dal valore di gran lunga maggiore. Dare una risposta certa appare complicato. Forse si tratta di un semplice “gadget” ambito, magari a causa del logo Tesla impresso, che aumenta il valore percepito. Oppure, ipotesi più cinica, un modo per mettere al sicuro un bene di consumo che, data la mole di dipendenti (circa 12.000) tende a scarseggiare. Eppure, nonostante il danno economico non indifferente, Tesla ha deciso di non sporgere denuncia né di avviare indagini interne.
Come spiega Thierig, tra i licenziamenti e le condizioni di lavoro, le tazzine costituiscono l’ultimo dei problemi. Emerge, quindi, della rassegnazione di fronte a un fenomeno che, seppur insolito, sembra quasi impossibile da estirpare. La vicenda ha scatenato commenti ironici e meme sui social network. In molti paragonano i dipendenti Tesla a collezionisti di figurine o a mini-Robin Hood, pronti a sottrarre beni al gigante americano per distribuirli al mondo.
Nato sotto una cattiva stella
Tesla ha dovuto affrontare critiche per le condizioni di lavoro e i tagli alla manodopera. La forte sindacalizzazione in Germania rischia di complicare ulteriormente la gestione del personale. La produzione si è rivelata poi più lenta del previsto a causa di varie criticità. Tra i disagi di carattere tecnico, la carenza di componenti e il caos globale delle catene di approvvigionamento, ne ha avuti di grattacapi e tuttora la situazione appare piuttosto turbolenta.
L’azienda si è, infatti, inimicata gruppi di ambientalisti. Che, discesi in campo con manifestazioni e ricorsi legali, mirano a ostacolarne la crescita. Ad agitare le associazioni sono, in particolare, le emissioni e l’utilizzo di solventi chimici. Inoltre, sono insorte delle vibranti proteste relative al consumo di acqua, una risorsa preziosa nella regione. Si è così reso necessario implementare delle misure di risparmio idrico e riciclaggio per ottenere i permessi necessari.
Il culmine del malcontento lo si è toccato lo scorso marzo, quando una squadra di attivisti di estrema destra ha attaccato la Gigafactory, causando un blackout e interrompendo i lavori. L’incidente ha destato preoccupazioni circa la sicurezza e il clima sociale. Benché il furto delle tazzine da caffè sia cosa da poco in confronto agli altri contenziosi, la frustrazione serpeggia tra i dirigenti, desiderosi di mettere parola fine agli episodi: chissà se saranno meno transigenti una volta risolte le priorità.