Il video della Tesla ricaricata da un generatore in Cina ha scatenato un dibattito acceso sui social media e tra gli appassionati di auto elettriche. Naturale, perché, simbolo di sostenibilità e futuro, una vettura a zero emissioni collegata a un generatore a combustibile fossile sembra contraddire le belle parole usate dai capi d’azienda. L’immagine è, in un certo senso, scioccante. I ferventi critici della transizione ecologica ritengono sia una prova schiacciante delle falle nel sistema.
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Non la pubblicità migliore
Senza voler gridare allo scandalo, la scena invita a riflettere, specie in un periodo dove la mobilità del futuro rimane da definire. Nessuno può stabilire, con assoluta certezza, se le BEV prenderanno il totale sopravvento sul resto. Di getto, verrebbe da dire “sì”, almeno nei Paesi sviluppati. Come ben sappiamo, l’Unione Europea ha sancito il bando dei motori a benzina e diesel nel 2035 per ridurre l’impatto ambientale.
Negli Stati Uniti il presidente uscente Joe Biden ha stanziato dei grossi incentivi e, qualora l’attuale vice Kamala Harris dovesse vincere le elezioni, il programma verrebbe portato avanti. I principi rimangono gli stessi, mentre il discorso cambia nel caso del diretto sfidante, Donald Trump. Perché il magnate americano avrà pure un debole nei confronti del Cybertruck (o così riferisce Elon Musk), ma le vetture a batteria proprio non gli vanno a genio.
L’impressione dei detrattori è che i produttori butterebbero fumo negli occhi. Del resto, allo stato attuale, le auto elettriche generebbero inquinamento. Non durante la circolazione, bensì prima, durante la costruzione delle batterie, tanto da richiedere un elevato chilometraggio per compensare il deficit negativo. Lo ha riscontrato l’Università di Harvard in uno studio e, data l’autorevolezza della fonte, c’è crederci.
Opinioni contrarie al full-in le ha espresse pure uno dei principali capi d’industria come Akio Toyoda. L’ex presidente del gruppo Toyota crede sia un grave errore non valutare le alimentazioni alternative, dall’ibrido all’idrogeno. Per onestà intellettuale, bisogna sottolineare che dietro la netta di posizione paiono esserci pure dei motivi di convenienza. Infatti, la società è leader nei powertrain ibridi, sui quali ha investito fin dai primi anni Duemila e con ottimi riscontri.
Il successo mantenuto dipende pure dalla capacità di intercettare le differenti necessità del pubblico, legate al cambiamento climatico. Se in passato il riscaldamento globale rappresentava un tema caldo perlopiù tra gli studiosi, oggi interessa anche le persone comuni.
Lungimiranza ripagata
E a proposito di lungimiranza, in Cina ne hanno avuta parecchia con le auto elettriche. Le fondamenta del corso attuale sono state gettate nel lontano 2007, quando mancava un vero e proprio mercato. Anziché rincorrere in maniera forsennata i colossi occidentali nei propulsori termici, e limitarsi ad arrivare sempre secondi, Pechino ha preferito ergersi ad artefice della svolta, venendo premiato sotto una serie di aspetti.
Oltre alle competenze maggiori nelle tecniche produttive maturate rispetto alle rivali, la Repubblica Popolare ha una ricca parte delle terre rare disponibili, essenziali per gli accumulatori. La clip della Tesla allacciata a un generatore invita, però, a osservare la realtà con spirito critico, anziché fermarsi alla superficie.