Pistone

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Claudio Braglia

Giornalista specializzato automotive

Frequentava ancora la facoltà di ingegneria quando ha iniziato la sua carriera giornalistica a Motosprint e Autosprint. Successivamente sono arrivate InMoto, Auto, SuperWHEELS, Moto World e alVolante, alcune delle quali ha anche concepito e diretto. La sua passione? Guidare soprattutto in pista e realizzare le prove più complete supportate da rigorosi rilevamenti strumentali.

Va “su e giù” senza sosta come lo stantuffo (altra denominazione del Pistone) di una pompa, ma invece di essere “passivo” (cioè ricevere una coppia per muoversi) risulta sorprendentemente “attivo”: scorrendo nel cilindro, produce, infatti, potenza trasformando l’energia liberata dalla fase di combustione in lavoro meccanico, per trasmetterla poi all’albero motore come “coppia di rotazione”.

Il pistone ha la forma di un solido cilindrico (il cui diametro viene definito “alesaggio”) che al centro reca un foro passante per il collegamento cinematico – tramite lo spinotto – del piede di biella. La sua faccia superiore, il cosiddetto “cielo”, determina la conformazione della camera di combustione (della quale è la “parete mobile”), mentre nei suoi fianchi sono ricavate delle “gole” che ospitano le fasce elastiche (solitamente tre), che hanno la funzione di garantire un continuo rinfresco del velo d’olio e una corretta lubrificazione.

Soprattutto in leghe leggere

Nella maggior parte dei casi, è realizzato in lega di alluminio (con un’elevata presenza di silicio per contenere la dilatazione termica), solitamente per fusione in conchiglia, oppure (per i motori di elevate prestazioni) per stampaggio a caldo o per forgiatura (battendolo con un maglio dopo averlo portato in prossimità del punto di fusione del materiale).

Nel corso degli anni ne è stata anche fortemente ridotta l’altezza (spostando verso l’alto spinotto e fasce elastiche) e di conseguenza ne è stata contenuta la massa: rispetto a una vettura di 1,6-2,0 litri di cinquant’anni fa è scesa del 33% (da circa 450 a 300 grammi), con una provvidenziale netta riduzione dell’inerzia.

La vera forma del pistone

Nell’evoluzione della tecnologia costruttiva sono stati anche affinati i rivestimenti del mantello (la parete esterna) e diminuiti i giochi diametrali di accoppiamento Pistone/cilindro (fino a valori dell’ordine dei centesimi di millimetro) a vantaggio della scorrevolezza, nonché della riduzione degli attriti, delle vibrazioni e del consumo di lubrificante.

Nella progettazione dei Pistoni, che lavorano con temperature di esercizio di circa 300 °C non si definisce una forma perfettamente cilindrica, ma tronco-conica: esaminando un esemplare alla temperatura di 20 °C si scopre, infatti, che in realtà il diametro della sua parte inferiore risulta lievemente più grande (per compensarne la minor dilatazione a regime rispetto a quella della parte superiore).

Se non lo si cura, si incorre in danni pesanti

Se si stressa con frequenza il motore al limite, magari in difetto di manutenzione o con poco lubrificante nella coppa, si può incappare in una serie di problemi compromettenti per la sua stessa vita, oltre che costosi da riparare. Primo fra tutti il “grippaggio”, che si verifica quando la dilatazione del Pistone è eccessiva e arriva a interrompere il velo lubrificante sulla parete del cilindro (dal quale consegue il bloccaggio del motore e pesanti ripercussioni sugli altri organi).

Altrettanto grave e fastidiosa è la “foratura” del pistone, solitamente innescata da una combustione parecchio anticipata rispetto a quella della corretta fasatura di accensione, che fa innalzare notevolmente la temperatura del cielo arrivando letteralmente a “bucarlo”. Quest’ultimo effetto può derivare anche della cosiddetta “puntinatura”, quando, sempre nel cielo, si formano piccoli depositi di materiale del Pistone derivanti dalla sua parziale fusione per surriscaldamento locale.