Auto di importazione: cosa controllare e quali sono i rischi

L'acquisto di un'auto di importazione può essere un'occasione davvero interessante dal punto di vista economico ma occorre tenere conto di molti aspetti

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Fabio Lepre

giornalista

Appassionato di motori e narratore delle storie dell'industria dell'auto. Sempre alla ricerca di notizie sul mondo delle 4 ruote e delle novità normative.

Pubblicato: 12 Marzo 2024 09:15

Quando parliamo di auto di importazione ci riferiamo ai veicoli che sono stati registrati all’estero e quindi acquistati da concessionari, venditori o privati per essere venduti nuovamente o immatricolati nel nostro Paese.

Questi mezzi possono essere suddivisi in due categorie: auto d’importazione nuove che sono appena uscite dalla fabbrica o hanno un chilometraggio inferiore a 6.000 chilometri e una vita inferiore a 6 mesi rispetto alla data di immatricolazione all’estero; e auto d’importazione usate, che comprendono veicoli che non rientrano in questi criteri.

Per quanto riguarda l’immatricolazione di un’auto proveniente da un Paese dell’Unione europea o dell’area EFTA, il nuovo proprietario è chiamato a contattare lo Sportello telematico dell’automobilista per richiedere l’immatricolazione al PRA. La procedura è gestita direttamente dallo Sportello telematico.

Nel caso di veicoli provenienti da Paesi al di fuori dell’Unione europea, non è invece possibile fare riferimento allo Sportello telematico dell’automobilista. Occorre invece recarsi alla Motorizzazione civile entro 60 giorni dalla data di acquisizione della carta di circolazione per avviare la procedura di immatricolazione.

Auto di importazione, la distinzione tra nuove e usate

L’acquisto di auto di importazione in Italia segue una procedura codificata per l’immatricolazione. Il primo aspetto a cui prestare attenzione è la distinzione tra auto nuove e usate secondo i criteri fiscali europei. Le prime sono quelle immatricolate da meno di sei mesi o che hanno percorso meno di 6.000 chilometri. In questo caso, l’acquirente deve versare l’Iva nel Paese in cui viene immatricolata l’auto, ossia in Italia, secondo l’aliquota vigente del 22%.

Nel caso delle auto usate, con più di sei mesi o più di 6.000 chilometri, l’applicazione dell’Iva è legata dal tipo di acquirente. Se è un privato che acquista direttamente dal rivenditore estero, viene applicata l’Iva locale secondo il regime del margine. Se invece il compratore è un operatore professionale che intende rivendere l’auto in Italia, l’Iva deve essere pagata in Italia prima dell’immatricolazione, come per le auto nuove.

Perché comprare un’auto di importazione

L’acquisto di auto di importazione, sia nuove sia usate, offre benefici che vanno oltre la convenienza economica. Non c’è dubbio che tra i principali vantaggi ci sia proprio il prezzo in quanto le auto di importazione possono essere acquistate a costi inferiori rispetto a quelle vendute in Italia, grazie a differenze fiscali e politiche di costo dei produttori automobilistici esteri. Il risparmio può raggiungere fino al 20% del costo totale, favorito anche da un tasso di cambio favorevole in alcuni Paesi.

L’acquisto di un’auto di importazione offre un ventaglio di scelte più ampio rispetto a quelli disponibili sul mercato nazionale. Garantisce quindi un elevato grado di esclusività all’acquirente. Quest’ultimo dispone di un livello maggiore di personalizzazione tra equipaggiamenti, optional e motorizzazioni.

In ogni caso è pur vero che ci sono anche alcuni svantaggi da tenere in considerazione quando c’è di mezzo l’acquisto di auto di importazione, come la gestione di problemi relativi all’assistenza e alla garanzia, la disponibilità di pezzi di ricambio e la complessità della procedura di importazione.

Come immatricolare un’auto di importazione

A meno che non si rechi personalmente nel Paese estero per seguire le procedure di acquisto, radiazione, esportazione e immatricolazione in Italia, l’acquirente può rivolgersi a un professionista o a una società di servizi per effettuare tutte le operazioni burocratiche.

Secondo quanto stabilito dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, l’importatore deve presentare il censimento telematico dell’atto di importazione, fornendo i dati dell’acquirente, del venditore estero e della documentazione del veicolo. Prima dell’immatricolazione, è richiesto il pagamento dell’Iva tramite il modello F24, il cui avvenuto versamento è confermato dal numero di protocollo telematico. Entro 30 giorni, l’Agenzia delle entrate verifica l’accuratezza delle informazioni nel fascicolo. In mancanza di riscontri contrari, la pratica viene accettata d’ufficio, al netto di ulteriori verifiche.

I documenti necessari

Nell’ambito della procedura di immatricolazione di un’auto di importazione, il proprietario deve fornire una serie di documenti a seconda della tipologia del veicolo. Se l’auto è nuova e proviene dall’Unione europea o dall’Associazione europea di libero scambio (EFTA), i documenti richiesti sono:

  • la copia del documento di identità dell’acquirente;
  • la carta di identità elettronica;
  • il codice fiscale dell’intestatario;
  • il certificato di conformità europeo;
  • la richiesta di immatricolazione e iscrizione al PRA.

Se l’auto è usata ma comunque proveniente dall’Unione europea o dall’EFTA, occorrono:

  • la carta di circolazione;
  • la carta di identità elettronica;
  • la dichiarazione di vendita autenticata;
  • la fotocopia del documento di identità dell’acquirente;
  • il codice fiscale dell’intestatario;
  • l’istanza unificata alla Motorizzazione Civile e l’iscrizione al PRA.

Infine, se l’auto di importazione è acquistata in un Paese non appartenente all’Unione europea, i documenti richiesti sono:

  • la carta d’identità elettronica;
  • il codice fiscale dell’intestatario;
  • la fotocopia del documento di identità dell’acquirente;
  • la copia della carta di circolazione italiana ed estera;
  • il modello NPD2;
  • la dichiarazione di vendita autenticata.

Il caso dell’evasione dell’Iva

Le auto di importazione possono essere oggetto di evasione fiscale. La complessità della verifica dei documenti e l’effettiva esistenza del venditore estero rendono difficili i controlli in tempo reale da parte dell’Agenzia delle entrate. Anche se vengono effettuate, le verifiche possono richiedere diversi mesi per essere completate. I venditori disonesti tendono a falsificare le fatture di acquisto all’estero, dichiarando che la compravendita è avvenuta tra privati, per evitare il pagamento dell’Iva.

Per ridurre i rischi, sono spesso utilizzate società cartiera che esistono solo sulla carta per complicare la tracciabilità delle transazioni e delle fatturazioni. In alcuni casi viene utilizzata un’autocertificazione firmata dall’acquirente per far passare l’operazione come una compravendita tra un concessionario estero e un privato italiano, esentando così dall’Iva. Questo schema può portare a profitti illeciti per organizzazioni di truffatori.

Cosa rischia l’acquirente

Nel caso di tentativi di frode, la responsabilità ricade molto spesso sull’importatore o sul rivenditore disonesto. In realtà questa è solo una parte della verità: anche l’acquirente, pur se ignaro della truffa, viene considerato responsabile in solido.

In genere, dopo aver accertato il mancato pagamento dell’Iva, l’Agenzia delle entrate procede con il sequestro delle targhe e del libretto del veicolo. Per poterlo registrare di nuovo e a proprie spese, il proprietario deve pagare l’Iva mancante. Se in precedenza ha firmato un’autocertificazione affermando di aver acquistato personalmente l’auto all’estero, è tenuto a dimostrarlo. Se viene rivelata una dichiarazione falsa va incontro a conseguenze legali.