Questa è una storia che affonda le sue radici negli ultime decadi dello scorso millennio. Una vecchia storia, su cui ormai si è depositata la polvere del tempo, eppure là sotto ci sono le ragioni che spiegano tanto di quello che succede oggi. E’ la storia di una guerra, tra il ferro e la plastica.
Ci fu un tempo in cui tutto era di ferro: le macchine, le moto… e i motorini. Erano MOPED, crasi tra MOnomarcia e PEDali, ma nessuno li chiamava così. Quelli erano semplicemente i cinquantini, con cui si andava in giro senza tante menate: targhe, assicurazioni, caschi, patentini… niente di niente. Bastava avere 14 anni, punto. Si stava appoggiati ai muri, ingobbiti con i pugni serrati nelle tasche a guardarli, a desiderarli. Solo la compagna di classe con le prime forme da donna era più desiderata di quegli arnesi.
Quei pezzi di ferro ti portavano ovunque: erano il modo per diventare liberi e di conseguenza per diventare grandi. I loro motori 2 tempi andavano a miscela al 2% che si faceva dal benzinaio. Una volta accesi buttavano fuori un fumo azzurrino e maleodorante che pareva di stare a fare i fumenti su una friggitrice.
La cultura custom non era ancora arrivata nelle nostre strade, ma questo non impediva di modificarli. Selle lunghe, code di procione, antenne, manubri. Che tu fossi un ricco del centro o un tamarro di periferia, il motorino era il mezzo che volevi, con le sue linee che stavano tra la bicicletta e la moto.
Era un passaggio: salivi su un motorino solo per scendere e saltare su una moto. Era naturale, erano le moto di quelli troppo giovani per averne una. Così stavano le cose e così pensavamo che sarebbero state per sempre, ma un giorno… da fuori arrivarono a cavallo dei loro Booster.
Tutti fatti di plastica, con delle ruotine ridicole e una pedana che ti faceva stare seduto tutto sghimbescio, impennando e sgasando, con marmitte che urlavano tutto il loro barbarico rancore verso una civiltà che stava finendo. Fu in quegli anni, i primi ‘90, che il mondo delle due ruote si spaccò e la guerra ebbe inizio.
Da una parte la fazione del ferro, la vecchia scuola, quelli per cui se non eri fatto di ferro semplicemente non facevi parte di questo mondo, dall’altra parte quelli che sposarono la novità della plastica, videro negli scooter un nuovo modo di stare in sella. Fu una guerra ideologica dove quasi nessuno tradì una volta deciso da quale parte stare.
Negli anni del conflitto il mondo di quelli del ferro era un posto semplice: se guidavi il motorino stavi nella fazione dei motociclisti, ma se guidavi uno scooter saresti rimasto sempre e solo uno “scooterista”, che, per intenderci, era un’offesa infamante.
La storia ci racconta come andò a finire: la plastica vinse, prese possesso delle strade e relegò la fazione del ferro in un angolo. Rinchiusa nelle riserve, a sentirsi migliore perdendo il consenso delle nuove generazioni. Sempre meno, sempre più vecchi, su moto di ferro sempre più costose.
Oggi per le strade imperversano comodi scooter con le copertine per quando fa freddo e piove. Scooter con 3 ruotine, 4 ruotine, semi-chiusi, semi-aperti, con cilindrate da Moto2 che quando scatta il verde “gas a martello” e via a fionda verso la prossima infrazione del codice della strada.
Mentre oggi i vincitori scorazzano per le nostre strade cavalcando trionfalmente i loro pezzi di plastica, contemporaneamente si scopre che sempre meno giovani e giovanissimi dimostrano interesse per le due ruote.
Ecco, allora provo a condividere la seguente idea: non è che ci potrebbe essere una correlazione tra lo scarso interesse dei più giovani e il fatto che il primo mezzo che possono guidare a 14 anni sia un arnese di plastica, con due ruotine come quelle delle Hot Wheels, che li obbliga a una postura tipo uno appena estratto da sotto il treno? Forse i ragazzi hanno ancora abbastanza gusto da non appassionarsi a quei cosi, semplicemente perchè sono brutti. Forse i giovani non vedrebbero l’ora di averne uno se la guerra l’avessimo vinta noi della fazione del ferro… forse. Ma ormai resta solo plastica per le strade e polvere sui ferri.
È andata così, ma a me piace illudermi che dietro al disinteresse dei più giovani si nasconda una ribellione contro la tirannia della plastica.