Nel panorama delle due ruote, poche moto riescono a emanare fascino come le Cafè Racer. Nati da una cultura ribelle e appassionata, questi esemplari costituiscono la fusione perfetta tra stile e velocità, lascito di un percorso che affonda le radici nella Gran Bretagna del dopoguerra. In uno dei periodi più bui della storia, c’era voglia di evadere dalla realtà, fatta di macerie e brutti ricordi. Perché allora non crearsene di nuovi e migliori? Da qui è nata una storia magnifica, capace di cambiare in maniera definitiva la storia su strada.
Indice
Da moto di serie a bolidi improvvisati
Correvano gli anni Cinquanta quando, tra i pub londinesi, si instillò tra i giovani una passione: trasformare le motociclette di serie in bolidi da corsa improvvisati. Vennero allora alla luce le Cafè Racer, il cui nome derivava dalle sfide clandestine disputate tra un cafè e l’altro. I veicoli andavano oltre alle performance. Che, certo, costituivano una parte importante, ma giustificavano giusto una parte del fascino emanato.
Le modifiche “fai da te” erano all’ordine del giorno: il serbatoio allungato e filante traeva spunto dalle belve da motorsport dell’epoca, mentre il manubrio diventava basso e “clip-on” per una posizione di guida aggressiva. La sella monoposto accentuava l’impronta sportiva, le pedane arretrate assicuravano controllo in curva e un’esperienza a bordo di classe superiore. I silenziatori a megatrono emettevano, invece, un sound cupo e coinvolgente.
A completare il look, colori vivaci e grafiche accattivanti, adatte a brillare nello stile: qualcosa di differente, rispetto alle solite produzioni che dettavano allora banco. Per le anime anticonformiste fu, dunque, amore a prima vista. Stufi degli schemi tradizionali, piacevoli sì ma abbastanza ripetitivi, videro nelle Cafè Racer uno strumento di evasione. Attorno a tale cultura si sviluppò un movimento sociale, fondato su club, raduni ed eventi specifici. Gli “adepti” erano, di norma, dei giovani ribelli, contrari alle convenzioni. Nelle gare e nella personalizzazione dei rispettivi mezzi trovavano una via di esprimersi.
I modelli che ne ereditano l’identità
Nel corso degli anni le tecniche di progettazione e la qualità dei materiali è migliorata in modo sensibile. Oggi risultano più leggeri, grazie all’impiego di alluminio e della fibra di carbonio, il che le avvicina alle auto sportive odierne. I professionisti curano al massimo i dettagli, con finiture raffinate, grafiche elaborate e componenti di pregevole fattura. Il genere ha lasciato un’eredità indelebile nell’ambito delle due ruote. Le loro peculiarità hanno pure ispirato diverse compagnie a realizzare delle interpretazioni evolute. Ancora oggi, affascinano nella versatilità, adatte sia a uno scenario urbano sia su strada o in pista.
Tra i modelli preferiti dominano le proposte britanniche, tipo la Brixton Crossfire 125. Alla classica immagine del genere, l’esemplare aggiunge una rotazione ultra-unica, con un sedile sportivo a gradini, un faro a LED circolare, un serbatoio con un design a X idiosincratico. Oltremanica sono altresì nate la Royal Enfield Continental GT 650 e la Triumph Speed Triple 1200 RR. E le italiane? La MV Agusta Superveloce S è considerata dai più la numero uno tra le carenate. Inoltre, ispirate alle iconiche scrambler monomarcia degli anni Sessanta e Settanta dell’azienda di Borgo Panigale, la Ducati Scrambler Cafe Racer cerca di combinare il meglio dei due mondi.