Fu osservando la forma a ventre d’insetto del serbatoio che i vertici Honda decisero di chiamare Hornet (calabrone), la CB600F uscita nel 1998. Nata dalla precedente 250 venduta solo in Giappone è una moto concepita per la strada, con una buona dose di cavalli a disposizione (circa 100 Cv) grazie al quattro cilindri in linea del CBR600 del 1997 e un telaio leggero a spina dorsale e tubi in acciaio, combinato a sospensioni mediamente rigide, adatte ad assorbire le sconnessioni dei fondi urbani. La forcella anteriore da 41 mm è quanto di più convenzionale si potesse chiedere e unita al monoammortizzatore di tipo Cantilever, compongono la soluzione ideale.
La regina delle naked
Economica doveva offrire una buona alternativa, ma la sua linea accattivante e semplice, con lo scarico quattro in uno e terminale laterale sotto la sella, divenne la regina del segmento “naked” in forte crescita. Affidabile e concreta, offriva un rapporto qualità/prezzo/prestazioni quasi imbattibile per la concorrenza rappresentata dalla Ducati Monster e dal 1995, da un altro concorrente molto valido quale il Suzuki GSF 600 Bandit.
Ideale nella guida in città, suo elemento naturale, si poteva contare su un buon assetto e una posizione comoda e funzionale. Rapida e precisa nei repentini cambi di direzione, montava pinze frenanti a doppio pistoncino sull’anteriore, ma la frenata era addolcita da cuscinetti con una presa lievemente inferiore alla CBR offrendo più feeling ai piloti inesperti.
Facilità di guida
Ciò che principalmente è piaciuto della prima Honda Hornet è stata sicuramente la facilità di approccio e di guida e un equilibrio generale sotto tutti gli aspetti. Acquistabile all’epoca dell’uscita all’equivalente in lire di 7.335 euro, la vera economia lo faceva la bassissima manutenzione. Salvo tutto il materiale di consumo come oli e pastiglie freni, il maggior intervento riguardava il kit catena, raggiunto il chilometraggio e l’usura, tanto che alcune officine autorizzate Honda dichiarano di non aver mai aperto un motore di un’Hornet 600.
L’Hornet è stata essenzialmente la naked più venduta in Europa per un intero decennio. Oltre agli evidenti punti di forza, ben assimilati dagli utenti, un trofeo monomarca le diede anche un carattere sportivo, con kit racing per adeguarla alla pista. La modifica sostanziale riguardava la rigidità delle sospensioni che veniva incrementata. Una soluzione adottata anche dai più esperti che cercavano maggior stabilità sull’anteriore in frenata, ad esempio all’ingresso di un tornante. Molti utilizzavano anche spessori e olio idraulico più viscoso.
Nel 2000 venne immessa sul mercato l’HornetS (CB600F S) che, costruita in Giappone, doveva essere la versione turistica con cupolino carenato e fanale integrato. La maggior protezione della semicarena, i comandi integrati in un cruscotto e gli specchietti ne facevano un mezzo pensato per viaggi più lunghi e confortevoli, anche se di base rimaneva una moto con una guida identica alla precedente. Diretta rivale della riuscitissima Yamaha Fazer, non ebbe il successo della sorella “nuda” e dopo aver esaurito la serie, non venne più prodotta.
Nel 2002 vide la luce la versione con motore 900 derivato dalla CBR 900 RR Fireblade che come innovazione, oltre a molti cavalli in più, aveva l’iniezione elettronica. Avendo una cilindrata effettiva di 919 cc, il telaio e tutte le sovrastrutture della 600 risultarono sottodimensionate al contenimento della potenza. Un dato reale, ma non rilevante ai fini del mercato, in quanto raggiungere il limite in strada era un’impresa ardua. Semplicemente non era bilanciata e coesa in tutto come la minore che fu presto accantonata.
Se il Monster rappresenta la rivoluzionaria bicilindrica che ha rotto gli schemi e salvato la Ducati da cattive acque e il Bandit la faceva da padrone nel ramo delle moto scarenate, l’Hornet 600 è salita alla ribalta delle naked diventandone il punto di riferimento, confermando i valori su cui Honda si è sempre distinta per precisione feeling e affidabilità. Moderna e semplice con il suo potente quadri cilindrico ha fatto da apripista alle più recenti streetfighter e non ha ancora smesso di dire la sua.