La prima storica vittoria in MotoGP di Aprilia con Aleix Espargaro, è solo l’ultima delle tante della casa di Noale e forse l’unica che mancava in gara. Il successo parte da lontano e come spesso accade, da un pensiero lungimirante. Questo marchio, infatti, ebbe il primo trionfo nella classe 125 del motomondiale il 30 agosto 1987 con Loris Reggiani, pilota esperto che all’epoca aveva sposato il progetto, concludendo anni più tardi la propria carriera in Aprilia nella classe regina.
La prima vittoria oltre trent’anni fa
Tra il 1986 e il 1992, furono le serie AF1 nelle due cilindrate 50 e 125 cc a mettere a disposizione dei più giovani la “sintesi” della moto da Gran Premio su strada. Bella, compatta, con colorazioni racing, sembrava veloce anche da ferma. Il forcellone monotrave era una vera innovazione e il raffreddamento a liquido, un vantaggio non da poco per le ruggenti 2 tempi di quegli anni, che le rendeva più affidabili della concorrenza.
Minarelli, Rotax e nomi suggestivi
Il modello 50 cc montava un motore Minarelli RV 3-4, raffreddato a liquido, alimentato da carburatore Dell’Orto, miscelatore automatico e cambio a 4 marce. La ciclistica era quella delle moto da corsa con due freni a disco e una forcella teleidraulica a perno centrale. La versione 125 cc aveva un motore Rotax V 127 raffreddato a liquido, con miscelatore automatico, stesso carburatore e stessa ciclistica, ma il cambio a 6 marce.
Il termine “Sintesi” ritorna nella storia delle AF1 per suggellare quel concetto sportivo che le contraddistingueva, così come “Replica”, che firmava le imitazioni della versione da gara. Una tradizione iniziata nel 1988 con l’edizione celebrativa della vittoria di Reggiani e mantenuta anche negli anni successivi, con il passaggio alla sigla RS.
A prima vista sembravano moto di cilindrata maggiore e molto più potenti. Il loro segreto era proprio quello di avvicinarsi il più possibile all’Aprilia del Motomondiale e far breccia, soprattutto nei sedicenni, che vedevano nella 125 la moto dei sogni e le vere antagoniste della celebre Cagiva Mito, che era solo la versione junior delle potenti 500 e non aveva omologhi di categoria.
Da quel 30 agosto, in pochi anni, Aprilia proseguì il suo percorso sportivo, raccogliendo la stima di appassionati, ma soprattutto dei piloti. Da Biaggi a Rossi, passando per Ruggia, Gramigni, Rolfo, Sakata, Harada e Capirossi, sono solo alcuni dei nomi più brillanti che hanno fatto la storia dei GP con le moto venete. All’epoca, si affermarono nella classe 250 cc e come ci si poteva aspettare, in azienda non persero tempo nel creare la versione stradale della stessa cubatura, sotto la nuova sigla RS.
L’ultima si chiamerà Futura
Dopo Sintesi e Replica l’ultima versione delle splendide AF1 si chiamava “Futura”, che mostrava un design nuovo e una linea più snella e accattivante, sempre più fedele alle moto da corsa. Ciò di cui non ci si rende conto, per chi non l’ha vissuto in prima persona è il peso che ha avuto Aprilia nel motociclismo di quel periodo e soprattutto, quanto abbia condizionato la mentalità dei ragazzi che sognavano quei mezzi a due ruote.
Occorre dire che il segmento 125 fu il più importante e le aziende concorrenti, spesso concentrate su modelli più grandi, trascurando la moto adolescenziale per eccellenza, non potevano competere sia per prestazioni che per estetica. I risultati in pista fornivano la pubblicità migliore del mondo e le riviste specialistiche ne decantavano il valore ogni settimana con servizi di prove su strada. Consolidata questa leadership tra le piccole cilindrate 2 tempi, venne il tempo di provare il salto di categoria.
Ricordo, che nel settembre 1998 al Gran Premio di Imola, ci fu una presentazione ufficiale con i piloti Aprilia Rossi, Harada e Capirossi che provarono in pista una nuova e mai vista bicilindrica 4 tempi di 1000 cc, denominata RSV “mille”. Quella moto sarebbe finita nelle concessionarie l’anno dopo e sportivamente sarebbe stata schierata nel World Superbike con un team ufficiale. Ero presente e ho bene in mente la perplessità di molti nel vedere una moto completamente diversa da come ci avevano abituato le officine di Noale, ma anche questa è un’altra storia.