Qualcuno potrà anche storcere il naso leggendo questo articolo. Ma nel tracciare il bilancio consuntivo dell’81esima rassegna motociclistica milanese, non me la sento di dedicare l’ennesimo peana a una supersportiva ipertecnologica ricca, carenata e dalle prestazioni disarmanti.
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Moto Morini 3 ½ SPORT, radici forti nel passato ma proiettata nel futuro
Nell’indicare la “più bella” dell’EICMA sento semplicemente il bisogno di premiare una “vera moto” che mi ha colpito più in profondità e che ricorda a tutti quale sia la vera essenza di un mezzo a due ruote: semplicità, purezza nel design, marcata sensazione di agilità, con l’aggiunta di radici forti, ma proiettata decisamente nel futuro. In sintesi la Moto Morini 3 ½ Sport.
Mentre al Salone indugiavo con lo sguardo sulle sue forme, la mia mente è tornata automaticamente agli Anni 70, quando la “3 ½”, nel dilagare delle sofisticate pluricilindriche giapponesi, era un raro esempio di agilità e sobrietà, e affascinava nella guida come, soprattutto, nella voce del suo motore. Non nascondo, a quei tempi, di averla desiderata tantissimo…
Viene subito voglia di salire in sella
Dunque, perché ritengo la nuova Moto Morini 3 ½ Sport la “più bella” del Salone di Milano? Perché riesce a essere affascinante, compiuta e convincente anche con una carrozzeria ridotta al minimo composta dalla classica triade serbatoio-sella-fianchetti, definiti da un solo colpo di pennello ma anche collegati da una rara armonia. A pensarci bene non c’è bisogno d’altro.
Una naked classica che fa venire subito voglia di sedere nel marcato incavo della sella, di serrare fra le gambe quell’affusolato serbatoio e di godersi una bella sgroppata su una tortuosa strada di montagna. Apprezzabile e poco invadente il compatto motore bicilindrico a V (incorniciato dallo scarico singolo perentoriamente eretto) come pure la presenza (discreta) dei principali componenti: dai gruppi ottici al disco singolo anteriore.
Tecnicamente aggiornata senza effetti speciali
Agile e compatta coi suoi 1420 mm di passo e i 165 kg di massa a secco, la Moto Morini 3 ½ Sport ha un telaio monotrave a doppia culla in acciaio, una forcella upside-down con steli di 43 mm di diametro e un monoammortizzatore idraulico posteriore. All’avantreno spicca un disco singolo di 300 mm di diametro con pinza ad attacco radiale e uno posteriore di 255 mm.
Il motore di appena 350,3 cm3 (una cilindrata da rivalutare…) ha mantenuto la V “stretta” di 60° fra i due cilindri (ma non di 72° come il progenitore…) anche se, a differenza di quello degli Anni 70, è raffreddato a liquido, alimentato a iniezione elettronica con distribuzione bialbero a quattro valvole per cilindro. La potenza? 32,6 CV a 8500 giri/’: non tantissimi, ma con un peso così ridotto la 3 ½ dovrebbe risultare comunque molto divertente.
Concludo con una nota: non mi scandalizza più di tanto che ora lo storico marchio italiano sia finanziato da capitale cinese: l’importante è che le moto che commercializza siano progettate, disegnate e sviluppate nel nostro caro Bel Paese (nei dintorni di Pavia, sulle sponde del Ticino).