Il termine Cultura Custom rappresenta una sottocultura americana che si è sviluppata a partire dagli anni ’50 ed è ancora oggi molto viva. I biker e le loro moto ruggenti ne sono il simbolo. Vengono spesso rappresentati come dei personaggi un po’ anarchici, molto liberi e sempre in viaggio in grandi gruppi sulle larghe strade assolate degli Stati Uniti. Ma chi è veramente il motociclista custom? Lo abbiamo chiesto a Carlo Portioli, biker esperto delle due ruote e di cultura custom.
Quando ci si riferisce al mondo custom non si parla solo di moto personalizzate, ma di una vera e propria cultura. Quali sono i valori che ne sono alla base?
Bisogna distinguere tra Cultura Custom (o Kustom Kulture, nell’accezione più ampia) e la moda della personalizzazione delle moto. La seconda fa riferimento solo parzialmente alla prima.
Quella Custom è una sottocultura che si sviluppa negli USA subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Tanti giovani soldati rientrati in patria dai campi di battaglia si trovarono con pochi soldi ma tanta voglia di vivere quella libertà conquistata a caro prezzo. La guerra aveva lasciato in eredità tantissimi mezzi militari a poco prezzo, quindi questi gruppi di ex militari comprarono le motociclette dell’esercito, Harley-Davidson solide ma poco performanti, e cominciarono a modificarle ed alleggerirle per rispondere all’esigenza di farle andare più forte durante le gare, più o meno ufficiali, che in quegli anni si svolgevano un po’ ovunque sulla West Coast. Così nasce la customizzazione dei mezzi. La Cultura Custom ebbe un’evoluzione e un’espansione importante e complessa nei decenni successivi, fino a diventare un elemento centrale nella cultura popolare americana. I valori alla base sono sempre stati fratellanza, rispetto e libertà, eredità del cameratismo militare.
La personalizzazione delle motociclette oggi prende molto dalla Cultura Custom, ma si limita ad utilizzare gli elementi estetici per spingere sulla customizzazione del mezzo come elemento distintivo della propria individualità. La parte di valori e stile di vita è marginale.
Come è nata la tua passione per il mondo custom? E come hai iniziato?
Sono stato molto fortunato, perché è una passione che ha contagiato me e tutte quelle persone con cui stavo crescendo. Tutti insieme, ci siamo appassionati a questa cultura. Erano gli anni ‘80, le Harley erano poche e molto costose, customizzare voleva dire cambiare gli specchietti o i finali delle marmitte e poco più. Avevamo moto giapponesi, il mio primo custom era una Honda Rebel 450cc acquistata usata nel 1988. Poi vennero gli anni ‘90 e i primi locali bikers. Entrammo in uno, il Sunset di Milano, e non uscimmo più. Lì si respirava la cultura motociclistica, si incontravano i gruppi MC, i Rockabilly e tutte le mille sottoculture collegate a questo mondo. Si passavano ore e ore al bancone a parlare di moto, a sognare moto e ad alimentare il nostro amore per questo mondo.
Per customizzare una moto ci va tempo e denaro. Quanto può spendere mediamente un appassionato che vuole avvicinarsi a questo mondo?
Diciamo che il budget può andare da 300 Euro a infinito, nel senso che ci sono preparatori che costruiscono pezzi unici praticamente a mano. Vere sculture su due ruote. Mediamente un lavoro solo estetico che non tocchi motore e telaio su modelli Harley-Davidson può costare 1-5 mila euro. Molto dipende se i pezzi che vengono comprati sono originali HD o prodotti da aziende aftermarket. I secondi costano meno dei primi. Il problema è che la customizzazione è come il gioco del Lego per adulti. Attacchi, stacchi, aggiungi, togli e spendi.
Esistono molte tipologie di motociclisti custom e ne hai già parlato su Virgilio Motori. Chi sono i più particolari e carismatici che hai incontrato durante i raduni?
Ogni stile custom ha il suo motociclista. Ho sempre trovato molto interessanti i motociclisti che guidano i chopper radicali in stile svedese. Motociclette che non potranno essere mai solo una moda, motori imbullonati su telai rigidi e forcelle lunghissime, spesso con manubri piccolissimi. Le difficoltà di guida comportano un sacrificio che si può essere disposti ad affrontare solo per un amore vero per questo stile. In Italia dalle parti di Alba ci sono quelli di Mekka of Choppers, non si può non rimanere affascinati da questi puristi che portano a spasso vecchie signore complicate ed esigenti.
Dal cinema e dalla tv, tutti abbiamo sentito parlare della cultura custom negli USA: gruppi come Hells Angels sono diventati famosissimi. Qual è la diffusione in Italia?
Il mondo MC è poco conosciuto ma molto diffuso anche in Italia. Gli Hells Angels dichiarano 19 Chapters sul territorio nazionale, i Bandidos ne dichiarano pochi meno, vanno poi considerati i numerosi gruppi MC solo italiani. Oltre ai membri effettivi dei gruppi MC italiani e internazionali, c’è un insieme molto più numeroso di supporter di questi gruppi oltre a tutti quei motociclisti “free” che sposano la visione e lo stile di vita dei motociclisti MC. Come amante della cultura custom conosco la storia dei Club 1%er, ma quello italiano di oggi è un mondo che conosco poco in modo diretto.
Passiamo agli aspetti più tecnici. Oltre alla Harley Davidson, quali sono le moto più diffuse ai raduni?
Ci sono diversi tipi di raduni o eventi e la tipologia di moto varia molto in base al sottoinsieme di tribù Custom che l’evento è in grado di attirare. Eventi come il Faaker See sono perfetti per chi ama le Harley moderne. I mezzi più diffusi sono i Touring HD più recenti, perfetti per godersi le strade austriche. Certo, non mancano vecchi Shovel e Panhead o mezzi custom estemi, ma la maggioranza dei mezzi presenti è composta da Street Glide e sue parenti. Se invece amate le moto customizzate piccole e scattanti in stile Brat Style, the Reunion e il Sunride sono i posti che fanno per voi. Qui Cafè Racer Triumph ma anche giapponesi e tedesche pesantemente personalizzate sono le più diffuse. Bassa spesa e tanta resa, soprattutto estetica.
Su quali parti della moto si interviene più spesso in fase di customizzazione?
Si parte sempre da specchietti, manopole, manubri, finali e selle. Poi si passa agli accessori (per esempio borse e parabrezza) e alla verniciatura della carrozzeria. Quando si arriva a motore, forcelle e telaio, si entra in zone dove servono budget importanti. Altro campionato lo gioca chi parte da telaio e motore per costruire un mezzo 100% custom e unico.
Quali consigli daresti ad un neofita che vuole conoscere meglio la cultura custom in Italia?
Di seguire il cuore e l’istinto. Frequentare eventi e locali Custom, guardare le moto degli altri e capire quale è lo stile più affine ai propri gusti. Lasciarsi andare, perché non c’è niente da capire nel mondo della customizzazione, c’è solo da viverlo e amarlo insieme agli altri. Più ci si addentra e più è importante capire che bisogna avere rispetto per tutti, nel senso che il mondo dei Custom è un mondo libero che continuerà a vivere solo come spazio in grado di accogliere tutti. E’ un mondo di commercialisti e operai, poliziotti e criminali, uniti dal grande messaggio di libertà nato 70 anni fa negli USA e ancora oggi più vivo che mai.