Un tempo si chiamava Classe 500, oggi MotoGP, ma sempre di classe si tratta, dove gli alunni più indietro vengono puntualmente recuperati con delle ripetizioni e il sostegno adeguato per metterli al pari dei primi (della classe). Soprattutto se alla classe potrebbero poi mancare degli studenti di un certo livello.
Insomma, parlando di motociclismo, non è un caso che la crisi di Honda e Yamaha spaventi non poco il promoter del Motomondiale che, a rigor di logica, ma questo dovrebbe essere confermato dai vertici Dorna, teme di perdere aziende protagoniste come è già capitato per Suzuki. Riavvolgendo un secondo il nastro, cos’è successo in MotoGP. Lo strapotere Ducati non sembra attaccabile dalle rivali, salvo per Aprilia e KTM che si mostrano competitive e in grado di giocarsela con le “rosse”, che sono tante e tutte veloci. Ma l’intenzione della gestione del campionato è chiedere a tutte le squadre ufficiali la possibilità di concessioni per le due marche giapponesi che soffrono carenza di prestazioni e risultati.
A questo punto del campionato, le altre tre case non sembrano intenzionate a dare il via libera a questo processo di recupero proprio per una cultura precisa del lavoro. E’ abbastanza chiaro che Ducati in primis, Aprilia e KTM siano arrivate ad un certo livello dopo studi, lavoro e sacrifici enormi per battere una concorrenza che fino a poche stagioni fa pendeva esattamente dalla parte di Honda e Yamaha. Questo perché nel motociclismo moderno, dove il manico del pilota conta, ma il mezzo fa tantissimo la differenza, bisogna essere bravi a interpretare meglio il regolamento, quella parte dedicata ai tecnicismi della moto da cui scaturiscono le soluzioni più raffinate e vincenti.
Sappiamo benissimo che la potenza va gestita, le geometrie della moto sono fondamentali e pesi e misure sono un campo estremamente delicato. Se pensiamo a quanta aerodinamica c’è oggi in una Moto da GP, possiamo solo immaginare le ore di studio fatte per avere una forma in grado di rendere maggiormente sia in velocità che in frenata, senza infrangere le regole. Per vincere un titolo dopo quello del lontano 2007, Ducati ha speso tantissimo e investito molto, migliorando indubbiamente su tutta la linea e bisogna rendergli merito. Lo stesso se lo augurano a Noale e Mattighofen dove nelle ultime stagioni hanno lavorato e superato i colossi giapponesi in pista.
Il sistema delle concessioni non è una novità e serve per ravvivare lo spettacolo che il Motomondiale dovrebbe offrire al pubblico, mantenendone acceso l’entusiasmo e i televisori. Ma lo sportivo vero sa, o almeno dovrebbe sapere, che e stagioni del motorsport prendono una certa piega in base a chi meglio lavora sul proprio mezzo e si affida ai migliori interpreti e sarebbe un torto credere che se le moto fossero tutte identiche, Marquez una volta e Bagnaia oggi, vincerebbero tutte le corse salvo errori umani. Purtroppo si crea quella noia antipatica dove il leader incontrastato attira l’interesse di quelli che lo vogliono vedere sbagliare per provare il brivido della vittoria soffiata da un inseguitore meno vincente. Orribile.
Perché concedere agli ultimi della classe di recuperare lo svantaggio? Per il semplice fatto che l’organizzatore continua a trattare tutti i suoi clienti con la massima attenzione e non lo si può certo biasimare, ma è giusto che la crisi di chi è sempre battuto venisse attribuita più alla bravura di chi sta costantemente davanti che al gap attualmente incolmabile delle terze linee. Diventa un po’ la storia del cane e della lepre che corrono una volta ciascuno. Come in tutte le sfide, vince chi è stato più bravo e in questo caso Ducati, Aprilia e KTM hanno ragione con i fatti. Inoltre, un campionato del mondo dovrebbe attirare più costruttori possibili, ma un intervento fatto di concessioni ne penalizzerebbe l’immagine di un eventuale nuovo interessato che non crederebbe di potercela fare solo grazie al proprio progetto sportivo.
C’è un aneddoto che riguarda il mondo delle auto da rally, nel 1986 dopo i gravi incidenti che avevano colpito piloti del campionato del mondo, si decise di abolire le vetture del celebre “gruppo B”. Tutti i grossi marchi si opponevano tranne uno, la Lancia, che nel suo reparto corse aveva pronta una Delta Integrale perfetta per il “gruppo A”. Vogliamo fargliene una colpa?