Viaggio in Sardegna in moto con la BMW R18 Transcontinental (Parte 2)

Un racconto in tre parti di nove amici, nove moto, quattro giorni in Sardegna sotto un'acqua torrenziale e il test-ride della BMW R18 Transcontinental.

Foto di Carlo Portioli

Carlo Portioli

esperto moto custom

Le moto e la musica, mia moglie e gli amici, la birra e le chiacchere ma più di tutto amo cercare di capire. Le mie opinioni sono espresse dall'alto di niente.

Pubblicato: 7 Giugno 2023 10:57

RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI (che poi ė una sola): maggio, Sardegna del nord, nove amici, nove moto e un test-ride della BMW R18 Transcontinental per Virgilio Motori. Dal punto di vista meteorologico il giro si sviluppa secondo la stessa metodologia della raccolta diffenziata: da una parte il secco (primo giorno e mezzo), dall’altra…

L’UMIDO: Siamo all’ora di pranzo e decidiamo di innestare le nostre gambe sotto il tavolo di una trattoria fuori dal circuito turistico ad Oschiri, provincia di Sassari, dopo un giorno e mezzo tutto sommato di tempo buono. Il pranzo tipico sardo si snoda secondo un’articolata sequenza di portate degno dell’incoronazione di Re Carlo III. Per essere certo di non perdermi nulla, mi posiziono in modo da poter pescare dai piatti di portata sia alla mia destra che alla mia sinistra: mi ritengo un talentuoso ambidestro da tavola. Viene portato un vino locale sfuso che, tra le varie proprietà, ha anche quella di farci dimenticare per un po’ cosa dice il meteo. Poi, come tutte le cose belle, anche il pranzo finisce e nel pomeriggio inoltrato veniamo gentilmente invitati a lasciare la trattoria. Usciamo e piove. Non pioviggina, piove. Indossiamo le tute e si parte verso Nuoro su strade che sarebbero state meravigliose, in mezzo a valli di piante da sughero. Curve e pendenze sono da strade di montagna,  l’asfalto è in condizioni spesso precarie. La pioggia aumenta, diventa torrenziale e si accompagna a nebbia e freddo (+12°). Guido e penso al costume chiuso nelle borse: se l’ottimismo è il sale della vita, la sfiga è tutto il resto del condimento.

Quando piove, quando sei in moto e il tempo si fa difficile, allora cambia tutto nella testa. Cambia qualcosa dentro di te, come se si attivasse una modalità “pioggia”, che prima di tutto modifica il modo in cui ragioni. Non è più una questione di piacere, diventa una questione di guida. Si attivano al massimo tutti i sensi, la moto diventa un’estensione del corpo cui trasmette segnali. Il cervello li riceve e li elabora continuamente per decidere come avere in ogni momento la velocità giusta per non correre rischi. Quando stai 4 ore sotto una pioggia battente in moto su strade intricate e piene di curve, guidare diventa uno stato mentale. Il pensiero si svuota, ci sono solo le sensazioni e i momenti, ognuno separato da tutti gli altri. Sei al 100% nel presente, c’è solo la prossima curva, poi quella dopo e quella dopo ancora. Potresti andare avanti così fino alla fine delle tue forze, mentre il pensiero galleggia nel vuoto. È brutto andare in moto quando piove? No, ma è un’altra cosa: mentre con il sole è puro piacere, con la pioggia guidare diventa meditazione e i suoi gesti sono rito e preghiera. La giornata si conclude in un agriturismo isolato a nord di Nuoro, con 1km finale di sterrato fatto di buche, pozze di fango etc. Parcheggiamo e saliamo nelle stanze. Iniziano le complesse operazioni di asciugatura che vedono phone accesi e innestati nelle scarpe come pistole nei foderi. Alcune tra le menti più acute del gruppo decidono di asciugare i guanti sulla piastra dei fornelli, prima godendosi lo spettacolo del fumo che sale, poi constatando che, secondo il primo teorema delle cattive idee, i guanti sui fornelli tendono presto a squagliarsi.

Per chiudere la giornata in bellezza ricaricato l’airbag da moto, stacco l’alimentazione e… PUM! fffff ” senza alcuna ragione apparente esplode sul letto. Essendo circondato da gente di un certo livello, scatta una lunga e colorita crisi di riso collettiva. D’altronde, come si dice, la situazione è grave ma non seria. La lunga e impegnativa giornata si conclude con una abbondante cena tipica sarda a base dei medesimi piatti del pranzo: giornata enogastronomicamente eroica.

La mattina dopo, vista la pioggia che prosegue imperterrita a scrosciare manco fossimo nel devonshire, ci semplifichiamo la vita tagliando il giro e decidiamo di puntare diretti verso la statale che porta ad Alghero. L’idea iniziale è di aspettare una finestra di miglioramento meteo prima di partire, ma la ciurma morde il freno, vuole lo scontro frontale con le avversità come pirati in vista del galeone carico d’oro. Pronti-via e grazie a un GPS settato in modalità “camporella in jeep” finiamo in un arzigogolato percorso fatto di stradine accidentate, sterrate, allagate e piene di pendenze proibitive.

Mi muovo in prima col gas appena puntato e i piedi giù dalle pedane, mentre do fondo a tutto il mio esteso vocabolario di improperi acquisito in decenni di cattive frequentazioni. Usciti dal pantano mi avvicino fischiettando a chi guidava il gruppo e cerco di distruggere a morsi il GPS, ma vengo bloccato appena in tempo. Troviamo la statale ed arriviamo ad Alghero ancora sotto una pioggia battente. Configurate tutte le ormai rodate procedure di asciugatura, ci dedichiamo al cous cous di pesce con la fregola, specialità della meravigliosa Alghero e dei suoi ristoranti tra le antiche mura spagnole fortificate. Il giorno successivo piove solo a sprazzi e riusciamo a goderci la strada che porta a Capo Caccia e poi ad Argentiera, oggi museo a cielo aperto dedicato ai duri tempi in cui questa terra viveva di miniere e non di turismo.

Arriviamo a Porto Torres e ci imbarchiamo alla volta di Genova, dove la mattina successiva rivediamo per la prima volta il sole. È il momento della conta dei danni, tutto sommato limitati: a causa della troppa acqua un Goblin si è impossessato del cruscotto di una HD Ultra Glide facendo lampeggiare le spie come fosse la consolle dell’Enterprise. Ormai quasi arrivati a destinazione, la frizione di una Ducati ci saluta definitivamente ed arriva al traguardo a bordo di un carro attrezzi. Difetto di produzione visto che è la seconda frizione che si mangia in 26.000 km con due proprietari differenti…  La BMW R18 Transcontinental invece arriva in box sporca, dopo aver affrontato tutto quello che si è trovata sotto le ruote in modo impeccabile, nonostante fosse molto, ma molto distante da ciò per cui è stata pensata: 10 e lode per la capacità di adattamento. Ma qual’è il giudizio e com’è andato il test-ride della R18 Transcontinental sulle strade della Sardegna? Alla prossima puntata!

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