Una vittoria in F1 non si costruisce per caso. È un fatto universalmente riconosciuto che una doppietta della Ferrari viene festeggiata in tutto il mondo. La bellezza del trionfo irretisce l’appassionato della rossa. Lo trasporta sopra le nuvole dove rimane per un po’. Un’altra bandiera è “piantata” a Maranello, una ricorrenza simbolica che non tramonterà mai. Per raccontare una delle più belle pagine della massima categoria del motorsport targata 2024, occorre partire da lontano. O quasi. Gran Premio di Spagna, 21 giugno scorso. Il reparto tecnico del Cavallino Rampante si produce in un grande sforzo per anticipare l’aggiornamento sulla SF-24 vogliosa di lottare per il titolo. Per questo si presenta al Montmeló, sotto gli occhi curiosi dei competitor, con una nuova versione del fondo,, macro componente cruciale per l’attuale corpo normativo.
L’idea era quella di produrre più spinta verticale e, soprattutto, stabilizzare il carico in ogni fase di marcia. Ma il progetto che nasce sotto la supervisione di Enrico Cardile, ex direttore tecnico della Ferrari, purtroppo fa acqua da tutte le parti. La monoposto perde una caratteristica che aveva mostrato sin dai pre-season test in Bahrain: la prevedibilità. Un aggettivo parecchio importante per una vettura di F1, in quanto consente ai piloti di gestire la monoposto e spingerla al limite senza la paura di reazioni inattese. Sfortunatamente, sappiamo tutti com’è andata. La SF-24 diviene scorbutica. Il retrotreno non riesce a seguire la solidità del front-end e l’instabilità alle medio-alte velocità si palesa perché l’auto saltella di continuo adottando le altezze da terra studiate da progetto.
Per “rabbonirla”, tocca alzare la vettura e mettere più carico tramite le ali. La deportanza a quel punto aumenta e di riflesso le prestazioni si abbassano. Un breve riassunto semplificato che però rende l’idea. Nei Gran Premi successivi si cerca di studiare l’update. Validarlo, insomma. Ma quando l’aggiornamento nasce sotto dettami erronei per una chiara incongruenza tra pista e simulatore, l’unica soluzione è quella di ricorrere nuovamente alla matita per ridisegnare l’elemento. Questo ha fatto la rossa che, sotto il monitoraggio di Diego Tondi, nuovo responsabile dell’aerodinamica, tira fuori dall’autoclave un fondo nuovo di pacca. Modifiche alle “fence” collocate all’imboccatura, con incidenze e lunghezze differenti per indirizzare al meglio i flussi verso i canali Venturi .
Mentre, nella parte laterale, la “pinna” esterna vede la scomparsa dello scalino, lasciando spazio a una forma regolare. Mossa che suggerisce l’abbassamento di questo convogliatore aerodinamico per reindirizzare i flussi. Senza dimenticare che la paratia più interna mostra un volume ridotto rispetto alla specifica anteriore, utile a contenere le perdite della massa fluida che scivola sul fondo e si dirige verso il retrotreno. Anche la zona della cosiddetta “floor edge” mostra un cambio, ora scevra dalla piccola appendice incaricata di generare downforce che non era in linea con la struttura vorticosa dell’auto. Punto della vettura dove compare un “ricciolo”, elemento per sigillare il fondo e tenerlo lontano dalle infiltrazioni laterali turbolente. Un lavoro di fino, insomma, come possiamo facilmente capire.
F1, Ferrari e il “fondo stabile” che facilità la messa a punto della SF-24
L’introduzione serve a capire la bontà del lavoro svolto, che già dal Gran Premio di Monza ha sistemato gran parte dei problemi relativi al carico aerodinamico della vettura. Le fortune della rossa dopo la pausa estiva derivano in gran parte da questa modifica che, in maniera progressiva, Ferrari ha fatto funzionare sempre meglio. Conoscere a menadito il comportamento della propria monoposto è fondamentale in F1. Accrescere il know-how significa poter sfruttare appieno le particolarità dell’auto. Nel farlo, si ottiene la capacità di innalzare il valore del compromesso aero-meccanico, una delle principali motivazioni che spiegano il grande risultato ottenuto in terra americana.
Il tracciato che si srotola ii terra americana è parecchio complesso nella sua conformazione. Come anticipato nella nostra consueta preview tecnica del giovedì, Austin si contraddistingue per un’assortita tipologia di curve, con diverse velocità di percorrenza e cambi di direzione repentini. Inoltre, il piano di riferimento è pieno zeppo di bump (asperità dell’asfalto). Queste caratteristiche implicano un compromesso assai intricato a livello di messa a punto, sia aerodinamica che sospensiva, dove l’equilibrio tra azzeccare il set-up e perdersi nei meandri delle regolazioni è molto sottile. Lo stesso Vasseur aveva menzionato il tracciato statunitense come vero test probante per gli ultimi aggiornamenti.
Novità, non lo dimentichiamo, di cui fa parte anche l’ultima versione di ala anteriore che massimizza il carico all’avantreno. Un elemento studiato per lavorare in sinergia con il gruppo sospensivo, a livello aerodinamico, tramite il quale si convogliano i flussi verso gli inlet del fondo per garantire un supporto d’aria maggiore e più pulito verso i canali Venturi. A margine del Gran Premio degli Stati Uniti, possiamo dire che i recenti upgrade funzionano a dovere. Quella che si può definire una strada di sviluppo azzeccata, in parole semplici. La rinnovata stabilità del pavimento introduce un altro tema interessante, che ha pesantemente concorso nella vittoria americana.
F1, Ferrari e la super gestione gomme che non limita il passo della SF-24
Una piattaforma aerodinamica che riesce a lavorare in maniera continua a tutte le velocità di marcia, in F1, fornisce una grande consistenza per quanto concerne l’amministrazione delle coperture nell’arco dello stint. Da Monza in poi, il pool di tecnici che spendono gran parte della giornata a Maranello, sono riusciti a ottimizzare il rendimento degli aggiornamenti tramite lo studio sui dati raccolti. Un bagaglio tecnico utile a conferire gli “strumenti cognitivi” per centrare la messa a punto più adatta alla pista, in base ai tratti distintivi della monoposto, ovviamente. Il riscontro di quanto detto si evince dall’analisi della corsa a livello telemetrico. Ferrari ha saputo controllare alla perfezione le due tipologie di temperatura degli pneumatici, in gergo “surface” (battistrada) e “internal” (carcassa).
Riuscirci ha portato a un netto equilibrio nei differenti settori del circuito. Da qui nasce l’enorme consistenza del passo di Leclerc in primis, ma anche di Sainz, entrambi in grado di mantenere un “race pace” ottimale, con le gomme a fine vita utile, anche nelle parti finali dei due run che hanno composto la corsa. Per entrare ancora di più nello specifico, va detto che il monegasco è riuscito a fare il vuoto specialmente nel secondo e terzo settore. Mentre nel primo, anche grazie al quantitativo di carburante maggiore che obbliga i piloti a mantenere velocità di percorrenza minori per gestire le gomme, elemento che di fatto ha azzerato il piccolo handicap che la SF-24 ancora paga in termini di rendimento nei curvoni veloci rispetto a Red Bull e McLaren, la vettura italiana ha raggiunto livelli davvero ottimali. Superiori alle migliori aspettative.
Quando Charles ha preso la testa della corsa in curva 1, approfittando della lotta tra Norris e Verstappen, ha potuto mettere in atto la strategia migliore. Il primo stint della numero 16 è stato caratterizzato dall’aggressività, mossa per scrollarsi di dosso la Red Bull del campione del mondo in carica, creando un “cuscinetto” di sicurezza per poi amministrare le mescole. Al contrario, nella seconda parte della corsa con le gomme Hard, il ferrarista è stato più conservativo per portare al traguardo la sua SF-24 senza soffrire decadimenti prestazionali. Nessun “drop” sui compoundutilizzati quindi alla perfezione. Per farlo, si è adottata la tecnica del “lift and coast“, utile tra le altre cose, a risparmiare energia prodotta dalle componenti ibride e riutilizzata in maniera più proficua.
Mossa possibile grazie all’ottima velocità di punta fornita dalla combinazione di un motore molto potente, la power unit066/12, e un’ala posteriore capace di offrire il carico richiesto senza influire troppo in termini di resistenza all’avanzamento. Operazione che Leclerc ha effettuato per più di 35 tornate. Il dato parecchio incoraggiante deriva proprio da questa informazione: malgrado questa tattica, che di fatto rallenta il passo della vettura in quanto il pilota alza il piede dal pedale del gas alla fine del rettilineo prima del dovuto, i dati svelano che il distacco di Charles dal resto dei piloti è rimasto sempre costante. Una prova di forza non indifferente, quella della Ferrari, che guarda al Messico tra una settimana fissando un chiaro obiettivo: lottare nuovamente per vincere.