Anche se ormai entrambi i titoli mondiali di Formula 1 sono stati ampiamente assegnati alla Red Bull, quello Costruttori, e a Max Verstappen, quello riservato ai piloti, la massima serie automobilistica è impegnata in una delle trasferte più complesse della stagione.
Le scuderie saranno impegnate in pista, lontano dal loro quartier generale nel Vecchio Continente, per tre Gran Premi di fila. Senza la possibilità di tirare un respiro di sollievo.
Tre settimane nelle quali i piloti saranno rispettivamente ad Austin, in Messico, già la prossima, e infine in Brasile, il 5 novembre, in attesa del rush finale che vedrà i team darsi battaglia per le ultime due gare del campionato.
Sebbene ci sia ancora in ballo il titolo di vice campione del mondo (al quale ambiscono principalmente Mercedes e Ferrari), in particolar modo le scuderie sfrutteranno questa ultima parte di stagione per raccogliere dati in vista della prossima stagione. Nonostante la ripresa della Ferrari nel corso del campionato, grazie ai podi di Leclerc e alla vittoria di Sainz a Singapore, quando mancano cinque gare al termine dell’anno e le Sprint Race, è ancora incerto il nome della scuderia che avrà la forza necessaria per chiudere il campionato alle spalle della stratosferica Red Bull. La rosa dei candidati però è limitata e porta il nome di Mercedes, Ferrari e McLaren.
La scuderia italiana attualmente occupa il terzo posto nella classifica riservata ai Costruttori, con appena ventotto lunghezze di ritardo dal team di Toto Wolff, secondi a quota 326 punti. E tra tutti e tre i concorrenti per la piazza d’onore, la Ferrari sembra essere quella che farà più fatica in queste ultime gare. Ad Austin non ci saranno aggiornamenti sulla Rossa. Sulla monoposto ci saranno solo alcuni adeguamenti per aiutare la SF-23 ad adattarsi al meglio ai difficili dislivelli del selettivo tracciato disegnato da Hermann Tilke.
Tutt’altro atteggiamento, invece, sarà attuato da Mercedes e McLaren. Se la squadra di Brackley nel GP degli Stati Uniti monterà un nuovo fondo, che sarà l’ultimo aggiornamento importante di questa stagione, il team di Woking punta a superare la Ferrari in campionato. Nessuno può negare il fatto che la McLaren sia in questo momento l’unica scuderia capace di tenere il passo della Red Bull. Attualmente il team inglese ha un distacco dal Cavallino Rampante di settantanove punti, ma tenendo conto della crescita esponenziale mostrata della MCL60 in queste ultime gare, Norris & Co. ci proveranno in ogni modo a scavalcare la scuderia italiana.
Indice
Crisi “pilota” in casa Red Bull?
La vittoria di entrambi i titoli iridati da parte del team di Milton Keynes non sono serviti a mascherare una problematica seria in Red Bull: la mancanza di competitività di Sergio Perez.
È vero, lo abbiamo detto più volte. Essere il compagno di squadra di un cannibale come Max Verstappen non deve essere facile, ma il messicano in più di un’occasione ha commesso errori grossolani, degni di un debuttante. A causa dei soli 4 podi e 5 accessi in Q3 ottenuti negli ultimi dodici appuntamenti del campionato, il sedile di Perez è a rischio.
Sembrerebbe come se, da un momento all’altro, il messicano avesse perso ogni confidenza con la sua RB19 e fiducia nella squadra. La vettura anglo-austriaca nelle mani di Perez sembra essere una lontana parente della dominante monoposto del compagno di box olandese. Dopo un inizio positivo in cui sembrava che Checo potesse essere il vero anti Verstappen, il rendimento generale di Perez ha cominciato a calare proprio in concomitanza del GP di Miami, dove ha chiuso la gara in seconda posizione dopo essere partito dalla pole position.
Invece di preservare il messicano con l’obiettivo di fargli ritrovare serenità, Helmut Marko (che a sua volta, secondo le ultime indiscrezioni, è vicino al licenziamento dalla Red Bull di F1) non ci ha pensato due volte a sparare a zero su Perez. Prima con frasi pseudo-razziste, per le quali si è scusato pubblicamente, e poi lasciando intendere che il sedile di Perez sia tutt’altro che saldo, nonostante il contratto esistente. Ma l’accordo con Checo, che scadrà a fine 2024, è l’ultimo dei pensieri in casa Red Bull. In F1 (ma per la precisione potremmo dire soprattutto a Milton Keynes) non esiste contratto che non possa essere stracciato anticipatamente.
Il circuito
Il GP degli Stati Uniti si disputa sul Circuit of the Americas, costruito alla periferia sud-est di Austin, capitale del Texas. Anche se in passato la F1 ha corso su diversi tracciati degli States (Indianapolis, Watkins Glen, Detroit o Dallas per esempio), il tracciato di Austin è stato il primo costruito sul suolo americano appositamente per ospitare la F1 per mano dell’architetto tedesco Hermann Tilke, progettista di altri circuiti che ospitano la massima serie automobilistica.
Inaugurato ufficialmente da Mario Andretti, dal 2012 il Circuit of the Americas è sede del GP degli Stati Uniti d’America di F1. Lungo 5513 metri, è composto da 20 curve, molte delle quali ricordano quelle di alcuni tra i circuiti più iconici dell’intero campionato. Tra queste mi sembra opportuno ricordare la sequenza Maggotts-Becketts-Chapel di Silverstone e le curve dell’arena a Hockenheim.
Amato molto da piloti e appassionati, nonostante due lunghi rettilinei il Circuit of the Americas richiede un alto carico aerodinamico proprio per la complessità dei suoi settori e il giusto mix tra tecnica e spettacolarità che ha determinato il successo di questa gara.
Caratterizzato dalla presenza di moltissime curve veloci ad ampio raggio e da numerosi saliscendi che raggiungono una differenza di altitudine di 41 metri, uno dei momenti più spettacolari della gara è rappresentato dalla partenza. Allo spegnimento dei semafori rossi, i piloti si trovano impegnati ad affrontare un rettilineo in salita che arriva a una pendenza dell’11% che termine con una curva cieca, a gomito dove non mancano mai le possibilità di sorpasso.
Haas in pista con una livrea speciale
In occasione del GP di casa, la Haas correrà ad Austin con una livrea speciale. Esattamente come sulle tute dei piloti, anche sulle fiancate della VF-23 compariranno stelle e strisce e la scritta “We the People” (Noi, il popolo) che ricordiamo essere anche il preambolo della Costituzione americana. Questa soluzione trovata dalla Haas non è servita solo per voler mostrare il proprio patriottismo ma soprattutto ha voluto celebrare il team di Gene Haas per essere l’unica squadra nordamericana presente in F1.
Ecco chi si rivede: Ricciardo!
Ad Austin tornerà, finalmente, in pista anche Daniel Ricciardo. Il pilota australiano si riapproprierà della sua AlphaTauri dopo la rottura del metacarpo della mano sinistra a Zandvoort.
Il 34enne, che è stato sostituito da Liam Lawson in queste ultime gare, torna in pista con la consapevolezza di avere il posto assicurato anche per il 2024. Eppure, essendo uno di quei piloti in orbita Red Bull, Ricciardo nutre sicuramente la speranza che i rumors a riguardo di un possibile allontanamento di Perez dal main team possano non essere la fantasia di qualche giornalista annoiato.