Come si fa a passare da uno spettacolare trionfo come quello monegasco al doppio ritiro in Canada? Ferrari sa fare anche questo, purtroppo. Un weekend iniziato male e terminato peggio. Tanti punti persi nella classifica iridata inerente al mondiale costruttori, all’interno di uno scenario competitivo dove, a bocce ferme, il team di Maranello ha inanellato una serie di errori fatali. Troppa convinzione dei propri mezzi? Forse. D’altronde Frederic Vasseur aveva paventato una situazione del genere, cerando in ogni modo di evitarla. Fare una tragedia per un fine settimana andato storto non è comunque costruttivo. Meglio raccogliere i cocci della scarsa interazione della SF-24 con la pista canadese e studiarli con perizia.
Contesto oggetto di studio nella factory proprio in questi giorni. Un lavoro necessario per carpire ogni singolo dettaglio che ha portato a diverse interpretazioni erronee della nona tappa del calendario di F1. L’obiettivo è chiaro: apprendere dai fraintendimenti tecnici. Creare una sorta di punto di ripristino per ripartire. Alimentare il baglio di informazione per conoscere ancora più a fondo una monoposto che, al netto della figuraccia nordamericana, ha tutte le possibilità di sfidare la Red Bull durante le prossime uscite. In Via Abetone Inferiore 4, sede della storica scuderia Ferrari, piloti, tecnici e ingegneri hanno contezza della condizione auto inflitta a Montreal.
Il presidente John Elkann non è più quella sorta di “sagoma” che di tanto in tanto appariva ai Gran Premi. Malgrado la mancanza di proprietà per supportare la gestione sportiva a livello tecnico, il nipote di Gianni Agnelli sta profondendo grandi sforzi per sostenere al meglio il team. Le riunioni fiume con Vasseur sono sempre più frequenti a livello settimanale, dove il francese presenta relazioni dettagliate sull’operato di ogni singolo individuo confacente il gruppo di lavoro in pista. Questa settimana, uno dei focus cruciali riguarda la power unit 066/12 che ha fatto le bizze e ha giocato davvero un brutto scherzo alla vettura numero 16.
F1, una Ferrari inaffidabile non è concessa
Durante la primissima fase della corsa Leclerc ha notato una specie si depotenziamento del propulsore. Ne ha fatto parola in radio, dove ha ricevuto a stretto giro di vite la conferma del grattacapo. L’unità di potenza italiana non era in grado di sprigionare la massima potenza. A conti fatti erano circa 80 i cavalli che mancavano al motore. Tradotto in tempo sul giro, calcolando il peso della mancanza propulsiva della Ferrari, Charles perdeva circa un secondo e mezzo per ogni passaggio rispetto alla concorrenza. Osservando il voltante della rossa noteremo al centro una ghiera rotante, contraddistinta dal Cavallino Rampante su sfondo giallo.
In gergo tecnico viene chiamato “Multifunction“, in quanto permette la regolazione di vari parametri specifici. Mappature del cambio (GX), carburante (Mix), iniezione (Spark) per fare qualche esempio. Grazie a questo manettino si possono gestire anche i problemi inerenti l’elettronica della power unit. Lo si fa attivando comandi che rispondono al nome di “Driver Default“. Si utilizzano tramite una stringa alfa numerica preimpostata per attivare, disattivare o isolare funzionalità quali allarmi, sensori e/o modalità. Nel caso del Canada, per cercare di risolvere il guaio, il neo ingegnere di pista italo olandese Bryan Bozzi, ha richiesto una miriade di comandi specifici al monegasco.
Purtroppo l’errore al software non è stato risolvibile nemmeno in questo modo. Ragion per cui, considerando che la corsa era oramai compromessa, durante la sosta ai box è andato in scena un “power cycle“. Per essere più chiari, la vettura è stata spenta per realizzare un reset seguito dalle consuete procedure di accessione del propulsore: fire the engine, turbo engagement, pit limiter off, bite point. Tornato in pista è stato riferito che l’errore era stato risolto e la potenza massima era nuovamente disponibile. Il problema non riguarda direttamente la PU ma bensì è riconducibile al malfunzionamento della centralina, sotto esame proprio in queste ore.
F1, Ferrari: strategia avvelenata dalla disperazione
All’interno di una gara di F1 la strategia ricopre un ruolo di primaria importanza. Per questo ogni scuderia possiede un gruppo di lavoro dedicato. Nel caso della Ferrari, collegato direttamente da Maranello, lavora a stretto contatto con il muretto box il “remote garage“. Più di 50 individui che operano tramite potenti calcolatori, per simulare in tempo reale diverse tattiche fattuali. Provvedimento necessario per fornire ai piloti le scelte strategiche migliori, basate sui dati raccolti in pista, in relazione al rendimento delle monoposto. Ovviamente quando le condizioni meteo sono instabili, la possibilità di incidere tramite la strategia assume un aspetto preponderante.
Ecco perché Ferrari ha tentato la giocata in relazione alla pioggia. La scommessa era quella di anticipare gli avversari e montare una gomma slick (Hard in questo caso), per cercare di recuperare il terreno perso tra cavalli mancanti e sosta prolungata e, in qualche modo, raddrizzare la corsa. Purtroppo però le Pirelli a banda bianca erano gomme del tutto inadeguate. La rossa non stava in pista. Andava dritta in curva. Benché Bozzi abbia suggerito al ferrarista di resistere un paio di tornate, le condizioni erano parecchio pericolose e Leclerc ha preferito realizzare un ulteriore passaggio dai box, per farsi montare nuovamente le Intermedie.
Come possiamo facilmente immaginare le due soste ravvicinate hanno definitivamente distrutto la gara. Charles, ultimo e di li a poco doppiato, è stato pertanto costretto ad alzare bandiera bianca ritirandosi. Due parole vanno spese anche per Sainz. Lo spagnolo partito come il compagno dalle retrovie, è rimasto invischiato nella bagarre delle vetture che lottano nel midfield. Pur avendo più ritmo, scarsa visibilità e una gestione gomme deficitaria, non hanno permesso di affondare i sorpassi. Carlos non è riuscito a mantenere la calma ed è arrivato per ben tre volte al contatto con altre monoposto, ultima delle quali a monte di un suo errore nella prima chicane del T2, dove a margine di un suo testacoda è stato centrato da Albon. Risultato? Ala posteriore danneggiata e conseguente ritiro.
F1, Ferrari: assetto e gomme, questo grande sconosciuto
Tramite la nostra consueta analisi a caldo della gara, il fattore pneumatici è già stato approfondito in maniera dettagliata. Per fare un breve riassunto, Ferrari non è stata capace di gestire la relazione tra la messa a punto della vettura e l’attivazione dei compound. Le due SF-24 non erano in grado di produrre la “friction” adeguata per immettere il giusto quantitativo di energia all’interno della carcassa. Situazione che pregiudica il completamento del ciclo di isteresi della gomma. Non raggiungere la pressione target pregiudica la contact patch, ossia l’impronta a terra dello pneumatico che risulta pertanto inadeguata.
Per questo il livello di aderenza era insufficiente in tutte le condizioni di marcia, sia il sabato in qualifica quando il piano di riferimento era asciutto che la domenica in gara con l’asfalto bagnato. La scuderia italiana ha peccato a tal proposito. Il setup della rossa era imperfetto. Sebbene la SF-24 goda di un buon bilanciamento di base, la messa a punto sdoganata tramite lo studio al simulatore driver-in-the loop non era corretta, incapace di valorizzare le caratteristiche tecniche della monoposto italiana. Al contrario la scelta condivisa tra tecnici e piloti ha fatto emergere i difetti della macchina. Un carico istallato maggiore al rear-end, senza dubbio avrebbe concorso al rendimento.