Alcoltest, per la Cassazione non serve più per provare l’ubriachezza

Con un'interpretazione innovativa, la Corte di Cassazione sancisce che l'alcoltest non è più necessario per stabilire lo stato di ubriachezza di un conducente

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Manuel Magarini

Giornalista automotive

Classe 90, ha una laurea in Economia Aziendale, ma un unico amore: la scrittura. Da oltre dieci anni si occupa di motori, in ogni loro sfaccettatura.

L’alcoltest non è necessario per accertare il reato di guida in stato di ebbrezza. Con una sentenza, depositata il 2 giugno 2024, la Corte di Cassazione ribalta l’orientamento precedente. Secondo gli Ermellini, ha smesso di rappresentare un requisito essenziale per dimostrare l’ubriachezza, bensì diventa un semplice indizio tra i molti. La testimonianza degli agenti, l’odore di alcool e l’incapacità di rispondere alle domande sono tutti fattori in grado di condurre alla stessa conclusione. Adesso, specifica la Suprema Corte, sono sufficienti “elementi oggettivi e sintomatici” per accertare lo stato di ebbrezza di un conducente. In seguito al pronunciamento, acquisisce maggiore attendibilità la testimonianza delle Forze dell’Ordine, che potranno basarsi su ulteriori fattori. Il comportamento alterato o il non saper coordinare i movimenti sono altresì degli aspetti potenzialmente decisivi nel giudizio.

Condanna confermata

Non se lo aspettava l’automobilista di Brescia pronto ad avanzare ricorso contro la sanzione subita, nonostante il rifiuto di sottoporsi all’alcoltest. A suo avviso, mancavano delle prove incontrovertibili riguardo alla trasgressione, tali da spazzare via ogni dubbio. La Cassazione ha confermato la condanna, fondata sulle testimonianze dei poliziotti. “Poiché l’esame strumentale non costituisce una prova legale – si legge -, l’accertamento della concentrazione alcolica può avvenire in base ad elementi sintomatici per tutte le ipotesi di reato previste dall’articolo 186 del Codice della strada (cioè la guida in stato ebbrezza ndr) e qualora vengano oltrepassate le soglie superiori la decisione deve essere sorretta da congrua motivazione.

A detta dei giudici, sono da considerarsi delle congrue motivazioni anche le testimonianze, anziché il solo test. “Ne consegue pertanto che, in assenza di un espletamento di un valido esame alcolimetrico – prosegue la sentenza -, il giudice di merito può trarre il proprio convincimento in ordine alla sussistenza dello stato di ebbrezza di adeguati elementi obiettivi e sintomatici, che nel caso in esame i giudici di merito hanno congruamente individuato in aspetti quali lo stato comatoso e di alterazione manifestato dall’imputato alla vista degli operanti, certamente riconducibile ad un uso assai elevato di bevande alcoliche, certamente superiore alla soglia di 1.50″.

C’è la spaccatura

La nuova interpretazione ha riscosso pareri contrastanti. In molti approvano la presa di posizione, capace di semplificare il lavoro alle Forze dell’Ordine e rendere più efficace la lotta alla guida sotto l’effetto di sostanze alcoliche. Anche in un recente sondaggio, una parte significativa di automobilisti italiani ha confessato di avere la cattiva abitudine di farne consumo prima di mettersi al volante, benché il vero pericolo sia il telefono. Con la stretta su alcol e stupefacenti nel Codice della Strada promossa dal vicepremier Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, si cerca di estirpare la piaga. Tuttavia, è altresì nutrita la schiera di critici perché verrebbe meno la certezza del diritto, senza un dato oggettivo qual è il tasso alcolemico rilevato dall’alcoltest. Spetterà ora ai giudici esprimersi, in relazione al caso specifico, per provare lo stato di ebbrezza di un automobilista. La differente giurisprudenza apre di sicuro a un panorama più flessibile, ma richiederà un’attenta analisi delle circostanze concrete al fine di assicurare un processo equo e giusto.