Il trucco delle auto cinesi per evitare i dazi in Europa

Fatta la legge, trovato l'inganno. Per evitare l'inasprimento dei dazi approvati nelle scorse settimane, i produttori di auto cinesi applicano un trucco

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Manuel Magarini

Giornalista automotive

Classe 90, ha una laurea in Economia Aziendale, ma un unico amore: la scrittura. Da oltre dieci anni si occupa di motori, in ogni loro sfaccettatura.

Pubblicato: 21 Ottobre 2024 11:40

Fatta la legge, trovato l’inganno. Mentre la Cina minaccia l’Unione Europea di ripercussioni, si avvale di un escamotage per aggirare i dazi doganali aggiuntivi sanciti dalla Commissione UE, e confermata dai Paesi membri nelle scorse settimane. Per invadere in massa il Vecchio Continente, la Repubblica del Dragone sfrutta i canali preferenziali con la Turchia, da cui far passare i propri veicoli.

Federmotorizzazione Confcommercio Mobilità ha recentemente denunciato la situazione, sollevando timori in merito alla competitività dell’industria locale e sulla possibilità che l’accordo doganale siglato tra UE e Turchia venga sfruttato in modo improprio.  L’accordo permette, infatti, la circolazione di merci senza l’applicare di tariffe ulteriori, della quale Pechino sembra avvalersi in seguito alle recenti decisioni a loro sfavore.

I dazi, che in alcuni casi possono raggiungere il 31,3%, sono stati introdotti al fine di contrastare pratiche commerciali sleali. Ad avviso di Ursula von der Leyen (e non solo), il regime di libero mercato rischia, infatti, di venirne seriamente distorto. In particolare, lascia poco tranquilli l’avanzata nel comparto delle ibride e, soprattutto, delle elettriche.

Rapporti intensificati

In Turchia la produzione automotive ha chiuso a 1,4 milioni di veicoli nel 2023 e sarà forse solo l’inizio. I massicci investimenti profusi da colossi delle quattro ruote cinesi, come BYD e Chery (che ha da poco presentato una batteria innovativa, capace di ricaricarsi in cinque minuti), hanno contribuito allo sviluppo.

Ad esempio, BYD ha annunciato un impegno di 1 miliardo di dollari finalizzato a costruire una fabbrica nel Paese di Erdogan, con una capacità produttiva di 150.000 veicoli. Oltre ad alimentare la crescente domanda di BEV in Europa, il complesso permette di valicare i confini europei senza incorrere nei dazi imposti direttamente sulle vetture provenienti dallo Stato asiatico.

Secondo un recente sondaggio, 7 italiani su 10 si dichiarano disposti a comprare un mezzo cinese, segno di un cambiamento nell’opinione pubblica a riguardo. Un tempo considerati di qualità inferiore, i progressi compiuti negli ultimi anni hanno avuto degli effetti pure sulla percezione dei consumatori. Ora, con marchi come BYD (reduca dalla presentazione della Sealion 7 a Parigi) proiettati alla leadership nel comparto delle full electric, la competizione è destinata a diventare sempre più agguerrita.

Federmotorizzazione Confcommercio Mobilità ha avviato un’interrogazione alla Commissione UE, presentata dall’onorevole Carlo Fidanza, affinché venga posta chiarezza sulla questione. L’iniziativa mira stabilire se la Commissione UE sia al corrente della strategia e quali contromisure abbia intenzione di attuare. Inoltre, cerca di sollecitare soluzioni concrete volte a impedire che le macchine fabbricate in Turchia, ma di origine cinese, abbiano libero accesso nel Vecchio Continente.

L’avvertimento

“La Federazione Nazionale Commercianti della Motorizzazione, supportata dalle associazioni di categoria, intende sensibilizzare l’opinione pubblica e i settori interessati, soprattutto ora che il Parlamento Europeo ha avviato il dibattito sulla questione”, si legge nella nota diramata sul sito ufficiale.

“Il settore automobilistico europeo, già sotto pressione a causa delle sfide legate alla transizione energetica e alle nuove normative ambientali, rischia di subire ulteriori danni se non verranno introdotti controlli più rigorosi sugli accordi commerciali con Paesi extra-UE. Federmotorizzazione Confcommercio Mobilità continuerà a seguire da vicino gli sviluppi, e chiede un intervento tempestivo della Commissione per evitare che l’industria automobilistica europea venga penalizzata ulteriormente“.