Bollo auto, nuova era di autonomia: cosa cambia per i cittadini

Una sentenza della Corte Costituzionale nel 2019 ha determinato un'importante svolta nelle esenzioni del bollo auto accordate dalle singole Regioni ai residenti

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Manuel Magarini

Giornalista automotive

Classe 90, ha una laurea in Economia Aziendale, ma un unico amore: la scrittura. Da oltre dieci anni si occupa di motori, in ogni loro sfaccettatura.

Pubblicato: 21 Maggio 2019 09:49Aggiornato: 3 Luglio 2024 01:10

Una storica sentenza sulla competenza per decidere dell’esenzione bollo auto è stata emessa dalla Corte Costituzionale, la quale ha affidato totalmente alle Regioni la discrezionalità in materia, purché nei limiti del massimale imposto dalle norme statali. La sentenza di cui parliamo è la n. 122 del 20 maggio 2019 con cui gli ermellini hanno stabilito che le peculiarità attribuite alla tassa impongono agli enti locali soltanto di non aumentare la pressione fiscale oltre i limiti fissati dal legislatore statale. Pertanto, per sviluppare un’autonoma politica fiscale in funzione di specifiche esigenze, le istituzioni territoriali hanno la facoltà di disporre esenzioni anche se non previste dal normatore nazionale.

Il caso di specie

Tutto è nato da un caso specifico in Emilia-Romagna, dove la popolazione era stata sollevata dall’onere di pagare il bollo auto sui veicoli di età compresa tra i 20 e i 30 anni, purché iscritti a uno dei registri storici riconosciuti dal Codice della Strada. Contraria alla presa di posizione, la Commissione tributaria provinciale di Bologna aveva adito le vie legali, sollevando un ricorso alla Consulta circa le questioni di legittimità costituzionale.

Oltre le previsioni, la Suprema Corte aveva aperto la porta a un cambiamento radicale della disciplina. A suo avviso, il Dlgs 68/2011 permette alle Regioni di gestire la tassa automobilistica “entro i limiti massimi di manovrabilità previsti dalla legislazione nazionale”. Detto altrimenti, hanno piena libertà nel decidere come modulare il tributo, purché in osservanza delle soglie massime decretate dallo Stato.

Il pronunciamento autorizzava a introdurre emissioni pure riferite a categorie di mezzi non contemplate a livello nazionale. Dunque, sì a sconti per veicoli storici, elettrici, a basse emissioni o per residenti in zone afflitte da problemi di inquinamento atmosferico. In teoria, qualora l’ente territoriale, addetto a garantire l’equilibrio del bilancio, lo ritenga opportuno, avrebbe anche modo di sgravare al 100% dell’onere i suoi residenti.

All’opinione della Corte di Cassazione avevano risposto le maggiori figure della classe politica, quasi in toto soddisfatte dalla svolta attuata nell’interpretazione della legge in vigore. L’allora vicepremier Luigi Di Maio aveva, ad esempio, accolto la decisione in termini positivi: ”Oggi una sentenza della Corte Costituzionale ha stabilito che le Regioni sono libere di introdurre esenzioni fiscali sul bollo auto. Una buona notizia perché il bollo auto è una tassa ingiusta. Se compri la macchina la macchina è tua”.

Pollice alto anche da parte di Davide Caparini, ai tempi assessore in Lombardia e coordinatore degli assessori regionali al bilancio, secondo cui “la sentenza va nella direzione di quanto chiediamo con l’autonomia. Finalmente possiamo gestire anche se in parte quello che è un tributo regionale. Siamo quindi liberi di prevedere vari tipi di agevolazione, unico limite è ovviamente la compatibilità con il bilancio”.

Il momento storico

Nei quattro anni precedenti (fonte dati UECOOOP) le imposte sull’auto erano aumentate in media di 200 milioni di euro all’anno, senza contare il costo del carburante, in Italia tra i più cari in assoluto. Una stangata insomma per le famiglie italiane e le imprese, con una spesa arrivata a 6,7 miliardi di euro, in crescita del 17,7% in un quinquennio. La decisione della Corte Costituzionale significava mandare un messaggio di speranza ai cittadini affinché la situazione migliorasse.

L’autonomia accordata in materia di bollo auto consentiva alle Regioni di rivedere il tributo in relazione alle rispettive necessità ed esigenze. Attraverso sconti o esenzioni complete, le autorità chiamate a prendere posizione avevano occasione di stimolare la transizione ecologica. I continui messaggi di aiuto lanciati dall’ambiente imponevano (e impongono) una corsa ai ripari.

Premesso che far ricadere l’intera responsabilità sul comparto dei motori sia sbagliato, gli attori della filiera andavano promossi, in un Paese segnato da stipendi stagnanti. Inoltre, vi erano i presupposti adatti a ricompensare chi adotta comportamenti ecocompatibili, tipo il ricorso a mezzi pubblici o al car sharing. Infine, si profilava l’opportunità di sostenere famiglie numerose, persone affette da disabilità o residenti in zone disagiate.