Chiude per fallimento l’azienda italiana che produceva moto elettriche

Si chiude il capitolo di Energica, la Casa italiana di moto elettriche porta i libri in tribunale. Un fallimento che fa rumore ma che viene da lontano

Foto di Tommaso Giacomelli

Tommaso Giacomelli

giornalista automotive

Nato e cresciuto a Lucca, laureato in Giurisprudenza a Pisa, sono riuscito a conciliare le due travolgenti passioni per auto e scrittura. Una grande fortuna.

Pubblicato: 17 Ottobre 2024 07:30

Tramonta un’era del motociclismo italiano, infatti si chiude nel peggiore dei modi il capitolo di Energica Motor Company: è fallimento. Il Consiglio di amministrazione dell’azienda nostrana, specializzata in motociclette elettriche, ha deciso per la liquidazione giudiziale. Un epilogo amaro per chi aveva creduto in questa realtà e che adesso si vede costretta chiudere i battenti. Con sede a Soliera, Energica è stata la prima a puntare sulle due ruote a zero emissioni e nel corso degli ultimi anni ha lanciato sul mercato molti modelli alla spina, diventando anche fornitore del mondiale Moto-E. La crisi del settore, però, non ha lasciato scampo.

Una crisi prolungata nel tempo

Da mesi il destino dell’azienda di Energica, controllata per il 75% dal fondo americano Ideanomics, sembrava indirizzato verso un’unica direzione, quella del baratro, tanto che nel corso del 2024 la forza lavoro era già stata tagliata di due terzi rispetto a quella dell’anno precedente. Adesso, dopo un periodo dai chiari di luna molto opachi, è arrivata la notizia ufficiale, che ha scoperchiato il velo su una situazione purtroppo amareggiante.

La nota ufficiale rilasciata da Energica, nella quale si parla della liquidazione, è la testimonianza migliore di questa situazione: ”Nonostante gli sforzi diretti da parte della dirigenza e la ricerca da parte degli stessi di ulteriori nuovi investitori, il management ha dovuto purtroppo riscontrare, financo in queste ultime ore, la sopravvenuta impossibilità di coltivare proficuamente le trattative così avviate, e proseguite al fine di ricercare la migliore valorizzazione degli attivi legati alla continuità aziendale, nell’interesse dei creditori. In tale contesto di assenza di alternative praticabili, la liquidazione giudiziale rappresenta un atto dovuto che consentirà la distribuzione degli attivi liquidatori ai creditori, nel rispetto delle cause legittime di prelazione e della loro par condicio”.

Nel marzo 2022, Ideanomics ha portato a termine un’Opa volontaria totalitaria di successo, che ha permesso ai soci di trasformare l’azienda in una realtà privata, tuttavia, la successiva crisi del mercato elettrico e la diminuzione degli investimenti nel settore ha impattato su Ideanomics, compromettendo le capacità di investimento in Energica. L’azienda ha inoltre vissuto anche la flessione negativa del mercato e della filiera automotive, risentendone in modo più significativo in quanto piccola media impresa”, ha terminato la nota di Energica.

Energica e Ideanomics: un tracollo che viene da lontano

Ideanomics è un consorzio nato in Cina all’inizio degli anni 2000 per concretizzare la mobilità green ed elettrica. Cambiata la sede e sbarcati negli Usa, è stato quotato al Nasdaq dal 2019. Negli ultimi 5 anni il titolo ha perso quasi completamente il proprio valore, complice anche la crisi dei titoli tecnologici e della mobilità elettrica in Europa. Le prime difficoltà erano emerse già nel 2022, nonostante più di mille ordini raccolti e un fatturato di 13 milioni di euro (+200% sul 2021). I dipendenti all’epoca erano 150.

“È un delitto – commenta il Ceo di Energica – perché parliamo del pioniere nel settore delle moto elettriche, di una azienda dinamica all’avanguardia per competenze che ha raccolto record e guinness sul mercato, con 130 punti vendita nel mondo e con 2mila moto in circolazione, considerate da tutti dei gioiellini di tecnologia. Ma la mia famiglia non ha la forza per rilevare da sola il 75% delle quote, non avremmo neppure voluto quotare Energica nel 2016 né cedere la maggioranza a Ideanomics due anni fa, ma siamo sempre stati ben consapevoli dell’alto fabbisogno finanziario necessario per supportare il salto industriale”.