Non sembra trovare tregua la guerra dei dazi contro le auto elettriche prodotte in Cina. Se in origine è stata l’Europa a capire con colpevole ritardo che il vantaggio tecnologico dei costruttori asiatici non sarebbe stato compensato in tempi brevi dalle Case europee, applicando di conseguenza pesanti dazi, oggi è toccato al Canada adottare misure durissime per penalizzare l’export di vetture a zero emissioni con dazi del 100% e del 25% sull’alluminio e sull’acciaio di fabbricazione cinese.
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Una misura per fronteggiare la concorrenza sleale
La misura adottata dal governo canadese guidato da Justin Trudeau ha imitato quanto fatto dall’amministrazione Biden che ha varato dazi non solo sui veicoli elettrici prodotti in Cina, ma anche sulle batterie, sui pannelli solari, sull’acciaio e sugli altri prodotti realizzati nella terra del Dragone. Il Primo Ministro Trudeau ha giustificato questa decisione parlando senza mezzi termini di concorrenza sleale: “Paesi come la Cina hanno scelto di concedersi un vantaggio sleale sul mercato globale“.
Le parole del Primo Ministro canadese hanno ribadito quanto affermato a giugno dalla ministra delle finanze Chrystia Freeland: “La concorrenza sleale della Cina, intenzionalmente diretta dallo Stato, sta minando la capacità dell’industria canadese di competere“. Il settore automobilistico canadese, infatti, è strettamente legato a quello statunitense dove finisce la maggior parte della produzione di veicoli leggeri anche grazie all’accordo di libero scambio Usmca.
Le misure adottate dal Canada non hanno lasciato indifferente il governo di Pechino che ha subito replicato tramite una nota diffusa dal ministero del Commercio: “Il Canada ha ignorato le numerose rappresentazioni della Cina che deplora con forza e si oppone con determinazione a questo. La mossa di Ottawa interromperà la stabilità delle catene industriali e di fornitura globali, oltre a compromettere gravemente il sistema economico e le regole commerciali globali e i rapporti bilaterali“.
La Cina pronta a tassare le supercar europee
Le tensioni tra Cina e Canada seguono quelle sempre più crescenti tra Pechino e l’Unione Europea. Come detto, infatti, con colpevole ritardo le istituzioni europee si sono rese conto che spingere con forza verso la transizione elettrica entro il 2035 avrebbe danneggiato le aziende del Vecchio Continente assolutamente impreparate a competere ad armi pari con quelle del Dragone. L’imposizione di dazi sulle elettriche cinesi non ha risolto il problema, ma soltanto acuito la tensione.
La Commissione europea ha recentemente corretto l’entità dei dazi provvisori anti-dumping in vigore dal 5 luglio sulle importazioni di auto elettriche prodotte in Cina, ma questa revisione non è stata ritenuta sufficiente dal governo di Pechino che adesso minaccia ritorsioni nei confronti dei costruttori europei produttori di vetture di alta gamma come Ferrari, Lamborghini, Maserati, Porsche ma anche Mercedes e BMW. Una guerra, questa dei dazi, che non promette nulla di buono.
L’annuncio, o forse è meglio dire la minaccia da parte di Pechino, è arrivato dal ministero del Commercio cinese che ha riferito di aver ascoltato le opinioni e i suggerimenti dell’industria, degli esperti e degli studiosi sull’aumento dei dazi di importazione sulle auto alimentate a carburante con motori di grande cilindrata. Questa mossa, tuttavia, potrebbe essere stata dettata per cercare di influenzare il voto da parte degli stati membri dell’UE chiamati ad approvare in via definitiva il nuovo scherma di dazi che sarà in vigore tra ottobre e novembre per 5 anni.