La Fiat e il suo destino sono argomenti in grado di tenere sempre banco, in un modo o nell’altro. Le chiacchiere da bar puntano il dito sull’azienda torinese, rea di essersi snaturata confluendo nella galassia Stellantis, rinnegando l’Italia e la sua trazione tricolore. Le cose non stanno così, come ha spiegato John Elkann, il presidente di Stellantis che in un’intervista al quotidiano l'”Avvenire” ha ripercorso gli ultimi vent’anni della fabbrica fondata da Giovanni Agnelli sul finire del 1800, tracciando anche quelli che saranno gli scenari futuri. La battaglia è sempre in corso e l’Italia – secondo Elkann – non ha niente da temere perché Stellantis punta ancora sulla sua forza lavoro.
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La Fiat che ancora crede nell’Italia
John Elkann ribadisce, ancora una volta che, insieme alla sua famiglia, sono impegnati in prima persona nel nostro Paese per portare avanti una storia imprenditoriale che copre tre secoli. La volontà è di costruire con orgoglio un futuro forte in Italia e nel mondo. Intanto, però, l’impianto di Mirafiori a Torino che ha un secolo di storia è pressoché inoperoso con la sua 500e, la cui produzione è stata stoppata fino alla fine dell’estate, e qualche rimasuglio di Maserati in uscita da Grugliasco a sostenere le linee produttive. Nell’attesa del rilancio della Fiat 500 ibrida su base BEV, che però non arriverà prima del 2026.
La fine della Olivetti
Vent’anni fa iniziava l’era targata Sergio Marchionne al timone della Fiat avviata verso il disfacimento, a un anno di distanza dalla morte del patron Gianni Agnelli. Il manager italo-canadese fu in grado di risollevare le sorti del colosso torinese, prolungandone la vita ed evitando di fare la fine che toccò invece alla gemma di Ivrea, quella Olivetti che fu un fiore all’occhiello dell’industria italiana, capace di inventare il primo personal computer della storia, ma inadatta ad affrontare le sfide di un mondo in cambiamento per la miopia dei suoi dirigenti.
John Elkann, a tal proposito, ha detto: “Vent’anni fa tutti davano la Fiat per morta, ma non è andata così: grazie all’impegno della mia famiglia, la guida di Sergio e il lavoro di tutte le persone coinvolte, abbiamo cambiato un destino che sembrava segnato. Avremmo fatto la fine dell’Olivetti – prosegue Elkann -, una delle grandi realtà del nostro Paese. Che con il susseguirsi di diverse proprietà, cattiva gestione e ingegneria finanziaria che prendeva il posto dell’ingegneria di prodotto, oggi non esiste più. Un’altra possibilità, ugualmente infelice, era la nazionalizzazione, come nel caso dell’Alitalia o dell’Ilva. E invece non è andata così: oggi l’insieme delle nostre aziende danno lavoro a più di 74mila persone in Italia, dove abbiamo investito negli ultimi 5 anni 14 miliardi, creando prodotti competitivi sui mercati mondiali“.
Torino ancora protagonista
John Elkann rassicura quindi che Torino e l’Italia saranno ancora centrali nella visione industriale di Stellantis, con Fiat in testa. Il patron del grande gruppo franco-italiano afferma che essendo le radici di famiglia nel capoluogo piemontese, dove anche i figli sono nati, loro continueranno a vivere lì e a portare avanti gli impegni sociali e i programmi aziendali, rispettando anche le volontà di Gianni Agnelli, che affidò al giovane nipote, più di vent’anni fa, un ruolo cardine per dare alla Fiat un futuro prospero.