Dopo una settimana di sosta, in cui abbiamo visto i piloti ricaricare le batterie al mare, il Mondiale di Formula 1 torna in pista per l’undicesimo appuntamento della stagione, il GP d’Ungheria, sullo storico circuito dell’Hungaroring, alle porte di Budapest. La calura estiva è opprimente e le temperature roventi che stanno attanagliando tutta Europa renderanno le cose molto difficili a piloti e, nemmeno farlo apposta, alle monoposto.
Non ci sarà da stupirsi se qualche motore si mostrerà poco collaborativo e anche se dopo la deludente prestazione di Silverstone, in Ungheria, la Ferrari dovrà dare un colpo di reni alla sua stagione, tutti i riflettori saranno puntati sulla Red Bull. Nessuna novità, tutto è rimasto immutato. La RB19 e Max Verstappen sono ancora i favoriti sul tracciato magiaro ma, in caso di vittoria, il team di Milton Keynes infrangerà un record che resisteva da quasi 35 anni.
Se all’Hungaroring la Red Bull passerà per prima sotto la bandiera a scacchi, si porterebbe a casa il 12esimo GP di fila, battendo così la mitica McLaren MP4/4 del 1988 delle 11 vittorie consecutive.
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Ferrari: all’Hungaroring deve suonare la carica
Nonostante la delusione di Silverstone, la Ferrari arriva a Budapest intenzionata a riscattarsi e ha di che sperare. Su una pista che, a livello di layout, è l’opposto di quella inglese, la Rossa può capire se quanto visto nel GP di Gran Bretagna sia stato un incidente di percorso o meno.
Quella dell’Hungaroring è una pista che non solo piace a entrambi i piloti della Ferrari, Charles Leclerc e Carlos Sainz, ma anche dovrebbe ben sposarsi con le caratteristiche della SF-23. L’unica vera incognita della monoposto italiana riguarderebbe gli pneumatici: non è ancora chiaro se i problemi di degrado gomme siano stati definitivamente risolti o meno. Soprattutto questo punto potrebbe mettere parecchio sotto pressione gli uomini del Cavallino Rampante.
Anche se la Ferrari ha iniziato in Spagna a portare aggiornamenti sulla SF-23 per avvicinarsi il più possibile alla Red Bull, all’Hungaroring, è probabile che il Cavallino Rampante debba ripararsi le spalle da una McLaren incredibilmente rinata. Parlando in termini di tempistica ovviamente.
Se in Canada la scuderia inglese ha dovuto accontentarsi dell’11esima e 13esima posizione rispettivamente con Piastri davanti a Norris mentre a in Austria la McLaren è andata a punti solo col pilota inglese, quarto, a ventisei secondi dal primo, a Silverstone la MCL60 è riuscita a portarsi a casa la bellezza di 30 punti dei 102 disponibili. E il tutto è successo in nemmeno un mese.
Ma, come si diceva all’inizio, non è tutto perso per la Ferrari. I piloti e la squadra ha preparato l’undicesima prova del Mondiale nei minimi dettagli, soprattutto la qualifica (che in Ungheria la troveremo con un format leggermente modificato rispetto al suo solito) e se la SF-23 mostrerà di avere un buon passo di gara, un po’ come successo in Canada, potrebbe pensare di conquistare un podio se non lottando con Verstappen, almeno rendendo la vita difficile a Sergio Perez.
La Ferrari strizza l’occhio a Hamilton?
Eppure il normale tran tran del Cavallino Rampante potrebbe essere disturbato da un rumors che ha iniziato a circolare non troppi giorni fa. Anche se non ci sarà da stupirsi se Hamilton firmasse il rinnovo con la Mercedes nel mese di agosto, sembrerebbe che il pilota inglese potrebbe lasciare le Frecce d’Argento per farsi tentare dalla Ferrari. Secondo Peter Windsor, noto giornalista che segue la Formula 1, la scuderia italiana avrebbe anche messo sul piatto un’offerta di 40 milioni di euro.
La Rossa non è la monoposto da battere ma correre per il Cavallino Rampante, anche quando quest’ultimo è leggermente azzoppato, è un sogno per ogni pilota che corre in Formula 1. E soprattutto bisogna tenere conto di una cosa: Hamilton vuole tornare a vincere, vuole l’ottavo titolo mondiale. Con l’impossibilità di un sedile in Red Bull e con una Mercedes che sembra faticare più del dovuto per tornare al vertice, la Ferrari potrebbe essere il vero jolly del mazzo per l’inglese.
Il circuito
Un simbolo e una conquista politica, prima che sportiva. Il GP di Ungheria fu la prima gara che permise alla Formula 1 di sfondare la barriera della “cortina di ferro”, entrando nel blocco dei paesi socialisti. Costruito a più o meno 25 chilometri dalla capitale dell’Ungheria, Budapest, il tracciato dell’Hungaroring è lungo 4,3 chilometri e spesso viene definito “il kartodromo”. Le sue curve in successione lo rendono uno dei circuiti più difficili dell’interno Mondiale.
Proprio per far capire quanto complessa possa essere questa pista, vi basti pensare che le monoposto girano con un carico aerodinamico elevato, molto simile con quello di Monaco e, anche se la carreggiata è stretta, i sorpassi sono sì difficili, ma non impossibili. E per questo motivo partire dalla pole position è sempre fondamentale.
Dalla sua prima edizione, il tracciato ha subito poche modifiche. Quella più importante è datata 2003, quando vennero apportati dei cambiamenti alle ultime curve e fu allungato il rettilineo di partenza con l’obiettivo di favorire più sorpassi. Infatti, uno dei punti migliori per tentare di sopravanzare un avversario è proprio la staccata di Curva 1, proprio dopo la partenza.
Nuovo format di qualifiche
La vera novità di questo fine settimana sono le qualifiche. Rispetto al passato, infatti, ne è stato leggermente modificato il format, denominato “Alternative Tyre Allocation“. Nella pratica la Pirelli porterà in pista 11 set di pneumatici per ogni pilota, contrariamente agli attuali 13. Questa modifica è stata desiderata per rendere la Formula 1 più green ma che inevitabilmente porterà questa decisione ad avere ripercussioni sulla qualifica stessa.
Se fino alla gara di Silverstone eravamo abituati a vedere Verstappen, Leclerc & co. a poter scegliere la mescola con la quale scendere in pista nella sessione necessaria per stabilire la griglia di partenza, in Ungheria i piloti useranno nel Q1 la mescola più dura, le Medium nel Q2 e le “rosse”, le Soft, il compound più morbido nella Q3, quando i piloti danno il tutto per tutto per conquistare la pole position.
Bentornato Ricciardo!
Sarà l’osservato speciale di questo fine settimana. A distanza di praticamente sei mesi dalla sua ultima apparizione in pista come pilota ufficiale, dal GP Ungheria ritroveremo Daniel Ricciardo. La sua avventura nella massima serie automobilistica si è interrotta ad Abu Dhabi, nel 2022, quando venne lasciato a piedi dalla McLaren a causa della mancanza di risultati.
Il pilota australiano, che nel 2023 è rientrato a far parte della famiglia Red Bull in qualità di terzo pilota, correrà per l’Alpha Tauri al posto di Nyck De Vries che, da debuttante, è stato appiedato dopo appena 10 GP, per presunta mancanza di competitività, soprattutto guardando ai risultati ottenuti dal compagno di squadra.
Come ben sappiamo, Alpha Tauri è l’ex Toro Rosso, a tutti gli effetti (anche e soprattutto nella scelta dei piloti da mettere in pista) team junior della Red Bull. E la Red Bull può essere paragonata a quel Dio Saturno, che divorò i suoi figli. La scuderia anglo-austriaca ci ha messo un batter di ciglia, nelle stagioni passate, a far fuori gente come Alguersuari, Kvyat, lo stesso Ricciardo. E ora De Vries.
Daniel, se vuole non fare la stessa fine (per la seconda volta), deve correre da subito, stare davanti a Tsunoda. Da subito. Essere competitivo. Da subito. Non può appellarsi all’apprendistato. Se a De Vries ci hanno messo solo dieci Gran Premi per silurarlo, il buon Ricciardo, se non comincia già dall’Ungheria a tenere le ruote della propria vettura davanti a quelle del compagno, potrebbe essere fatto fuori anche prima.