Invasione auto elettriche cinesi: la strategia dell’Europa per arrestarla

L’Europa pensa ad adottare dei provvedimenti contro la temuta avanzata delle auto elettriche cinesi in Europa a prezzi molto competitivi con focus sui dazi

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Manuel Magarini

Giornalista automotive

Classe 90, ha una laurea in Economia Aziendale, ma un unico amore: la scrittura. Da oltre dieci anni si occupa di motori, in ogni loro sfaccettatura.

Pubblicato: 6 Maggio 2024 12:01

Per contrastare l’avanzata cinese nell’Europa dei motori occorrerebbe fissare dazi del 50%. In caso contrario, il Vecchio Continente sarà invaso dai marchi della Repubblica del Dragone con proposte parecchio competitive nei prezzi, difficilmente eguagliabili. È quanto scrive l’autorevole Financial Times, riferendo l’ultima indagine di Rhodium Group sulle sovvenzioni.

Le previsioni di Rhodium Group

Ci aspettiamo si legge – che la Commissione europea imponga dazi tra il 15 e il 30 per cento. Ma anche se i dazi si collocassero nella fascia più alta di questo intervallo, alcuni produttori con sede in Cina sarebbero comunque in grado di generare margini di profitto confortevoli sulle auto che esportano in Europa grazie ai sostanziali vantaggi in termini di costi di cui godono.

Dazi nell’ordine del 40-50% – probabilmente ancora più alti per i produttori integrati verticalmente come BYD – sarebbero probabilmente necessari per rendere il mercato europeo poco attraente per gli esportatori cinesi di veicoli elettrici”.

A supporto della tesi, il Financial Times tira in ballo la Seal U, modello della gamma BYD venduto a 20.500 euro in Cina e a 42.000 in territorio UE. Il range di profitto oscilla tra i 1.300 e i 14.300 euro, il che costituisce uno stimolo al rafforzamento delle attività nell’export. Al momento, l’aliquota a carico dei produttori cinesi ammonta al 10%, ovvero a circa 2.100 euro medi per vettura.

“Secondo i nostri calcoli – proseguono gli specialisti di Rhodium Group -, un dazio del 30% lascerebbe comunque l’azienda con un premio UE del 15% (4.700 euro) in relazione ai suoi profitti in Cina, il che significa che le esportazioni verso l’Europa rimarrebbero molto attraenti”.

BYD ambisce alla gloria in Europa

Gli obiettivi perseguiti da BYD non mancano di ambizione: già entro il prossimo anno confida di raggiungere una market share del 5%, da raddoppiare entro il 2030. Di conseguenza, punterà parecchio sul rapporto qualità-prezzo, in modo da attirare pure la clientela tuttora riluttante a concederle un’occasione.

“Molti altri modelli di veicoli elettrici cinesi godrebbero ancora di un forte premio di profitto dell’UE”, segnala il report. In un paio d’anni, la capacità di produzione annuale della compagnia cinese dovrebbe raggiungere la soglia delle 6,6 milioni di BEV, oltre il doppio rispetto ai 2,9 milioni fabbricati a fine 2023.

Per il completo assorbimento delle vetture, bisognerebbe più che raddoppiare le immatricolazioni, difficilmente ottenibile in Cina, alla luce delle circostanze. I consumatori hanno, infatti, cominciato a perdere interesse nei confronti delle full electric, cogliendo di sorpresa gli attori del comparto.

Di conseguenza, il primo mercato diverrà forse l’Unione Europea, non gli Stati Uniti, dove gli elevati dazi imposti e le restrizioni nelle omologazioni tarpano le ali.

Solo il tempo ci saprà dire quali saranno le misure introdotte dall’UE a protezione delle realtà locali. Le insidie sono molteplici, anche perché i Costruttori tradizionali accusano un ritardo nella transizione ecologica.

L’inizio un po’ titubante di colossi come Volkswagen impone un cambio netto di rotta, mentre in Cina hanno attuato una programmazione lungimirante sulle BEV, maturando un bagaglio di carattere tecnico notevole, pure nei singoli componenti, ad esempio con l’innovativa batteria di CATL, in grado di recuperare 600 km di autonomia in appena 10 minuti.

I tecnici di Rhodium non escludono nemmeno l’adozione di rimedi alternativi, tra cui un clamoroso blocco dell’import cinese per ragioni di sicurezza.