Non è una notizia che impressiona più di tanto, perché il fatto è già abbastanza noto: l’Italia ha un parco auto orrendamente datato. Questo è quello che emerge anche dal consueto rapporto annuale fornito dalla UNRAE, l’Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri, che specifica come da una parte il numero delle nuove immatricolazioni tenda a salire, ma di contraltare dimostra anche che l’età media dei veicoli a quattro ruote lungo lo Stivale resti un affare preoccupante.
Quindi, alla luce di quanto detto, nel 2023 l’Italia ha oltrepassato per la prima volta quota 40 milioni di vetture circolanti nel territorio nazionale. Una continua crescita che è stata rallentata, soltanto in parte, dalla pandemia di COVID-19. In dieci anni, dal 2013 al 2023, si è passati da circa 35 milioni di auto ad altri cinque milioni in più. Il problema è che, una grandissima fetta di questa torta, è composta da macchine vecchie.
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Quanto sono vecchie le auto in Italia
Andando a esaminare più nel dettaglio i dati offerti dall’UNRAE, scopriamo che l’età media del parco auto circolante è salita fino a 12 anni e mezzo. Ua piccola crescita rispetto al 2022, che era di 12,2 anni, ma molto più pesante se osserviamo la situazione analoga di dieci anni fa. Nel 2013, infatti, l’anzianità media delle quattro ruote nel Belpaese era di 9 anni e mezzo. Andando ancora più a ritroso, ripescando dai retaggi l’anno 2009, l’età media era all’epoca di più bassa degli 8 anni. La società nel frattempo è cambiata, così come il potere d’acquisto della gente, mentre l’inflazione ha portato il costo dei veicoli di nuova fattura a impennarsi notevolmente.
Quello che si evince scandagliando lo scenario italico è il processo di “cubanizzazione” del mercato auto nostrano: il 23,2% delle auto circolanti in Italia è stato immatricolato ben prima dell’approvazione della Direttiva Euro 4. In altre parole, un veicolo su quattro possiede almeno 18 anni. Se a queste aggiungiamo anche le Euro 4 – sostituito dalla direttiva Euro 5 nel 2009 – raggiungiamo il poco lusinghiero dato che quasi la metà del parco circolante italiano ha almeno 15 anni di anzianità.
Per cubanizzazione ci si riferisce all’impossibilità di comprare una macchina di nuova fattura, a causa del prezzo troppo alto, e il corrispettivo invecchiamento del parco circolante. Più del 10% dell’attuale parco circolante in Italia è stato immatricolato nello scorso secolo, e quasi 1,5 milioni di auto ancora circolanti ha dai 30 anni a salire.
Benzina e diesel dominano
Al cospetto di un parco circolante così datato, non poteva corrispondere una totalità, o quasi, di mezzi alimentati a benzina o gasolio. Si parla di una dato che sfiora l’85% (84,8%) delle auto italiane che utilizzano carburanti di derivazione fossile (benzina al 42,6%, diesel al 42,2%). Al terzo posto della graduatoria il GPL (6,5%), che ha preso corpo specialmente negli ultimi 15 anni, poi l’ibrido (5,3%). Seppur ancora poco rappresentative, le vetture elettriche salgono a 220.000 auto circolanti e le ibride plug-in a 242.000 unità (complessivamente le ECV sono l’1,1% del totale).
Osservando invece le immatricolazioni, il conteggio dello scorso anno pone le auto a benzina in crescita del 22,5% a quota 28,6% del totale e le diesel in decrescita di oltre 2 punti di quota (al 17,5%) anche se le immatricolazioni aumentano del 6,1%. Salgono al 36,1% di share le auto ibride e crescono del 20,2% le immatricolazioni di auto a Gpl, che guadagnano così un decimo di punto, salendo a quota 9,1%.
Deludono le attese per la decarbonizzazione: le auto elettriche anche nel 2023 ottengono appena mezzo punto, fermandosi al 4,2% di quota (con 66.300 immatricolazioni) e le vetture plug-in cedono 0,7 punti, scendendo al 4,4%. Ne deriva un peggioramento dei dati sulle emissioni medie di CO2 delle nuove immatricolazioni, risalite nel 2023 a 119,5 g/Km dopo un trend in calo nei precedenti 4 anni, con una performance lontana dalla media dei 27 Paesi UE, pari a 110 g/Km.
Sempre nel 2023 l’Italia si conferma all’ultimo posto fra i Major Markets europei per quota di auto alla spina, all’8,6% di quota complessiva, superata anche dalla Spagna con l’11,9%. In Francia BEV e PHEV insieme valgono il 26,0% del mercato, in Germania il 24,6% (in calo per l’esclusione dagli incentivi delle PHEV, e a seguire anche delle BEV per le persone giuridiche), nel Regno Unito il 23,9%. Le cause di questa arretratezza non risiedono tanto in un problema di reddito, come UNRAE ha dimostrato tramite un confronto puntuale con Paesi più avanti del nostro nonostante un più basso PIL pro-capite a parità di potere d’acquisto, quanto piuttosto in incentivi mal congegnati e in una rete di ricarica ancora inadeguata.
Perché le elettriche non spiccano il volo
Riguardo agli ecobonus, lo schema in vigore nel 2022-23, con tetti di listino ribassati e l’inclusione dei soli noleggi con bonus dimezzati, ha creato in un biennio un avanzo di fondi non spesi pari a circa 600 milioni di Euro. Il nuovo schema 2024, la cui entrata in vigore annunciata da mesi sta generando una paralisi del mercato, dovrebbe funzionare meglio recependo alcune richieste dell’UNRAE, come l’innalzamento dei bonus unitari e l’estensione con bonus interi a tutte le persone giuridiche. Resta tuttavia irrisolto il tema dei tetti di listino
Quanto alle infrastrutture di ricarica elettrica pubbliche, l’Italia, pur dimostrando una spinta che ha portato a superare i 39 mila punti di ricarica a fine dell’anno scorso (di cui il 13% con potenza uguale o superiore a 50 kW), in termini di capillarità, con 7,9 punti ogni 100 km di strade, rimane sotto la media europea di 12,3 punti/100 km fermandosi al quindicesimo posto in classifica, e restando ancora molto indietro rispetto ai paesi più virtuosi come l’Olanda (107,8 punti/100 Km) e il Lussemburgo (70,9/100 Km).
Permangono inoltre molte criticità connesse alla omogeneità della distribuzione sul territorio nazionale, alla adeguatezza della potenza nominale ed effettiva, della dislocazione, della segnalazione, della accessibilità, dell’effettivo funzionamento, della facilità di utilizzo, della interoperabilità e della reale disponibilità delle singole infrastrutture. Tutto questo vale anche per le infrastrutture di rifornimento di idrogeno, sebbene questo si trovi ad oggi in uno stadio di maturità diverso rispetto all’elettrico.
Le previsioni per l’anno corrente
Le previsioni di UNRAE per il 2024 sono positive. L’obiettivo è arrivare a toccare quota 1,6 milioni di auto nuove immatricolate, con la stragrande maggioranza di queste che sarà ibrida o benzina. Elettriche (magari favorite dagli incentivi) e ibride plug-in dovrebbero restare, anche per il 2024, sotto quota 10% delle nuove immatricolazioni.