Montezemolo: “Triste vedere l’Italia senza produzione di auto”

Tra un passato luminoso e un presente buio, Luca Cordero di Montezemolo, ex uomo Ferrari, scatta una triste fotografia dell'industria automobilistica italiana

Foto di Manuel Magarini

Manuel Magarini

Giornalista automotive

Classe 90, ha una laurea in Economia Aziendale, ma un unico amore: la scrittura. Da oltre dieci anni si occupa di motori, in ogni loro sfaccettatura.

Pubblicato: 23 Settembre 2024 13:30

In un’atmosfera intrisa di benzina e nostalgia, Luca Cordero di Montezemolo ha ripercorso la sua storia a quattro ruote. Nel corso della mostra dedicata a Vincenzo Lancia presso il parco Amilcare Merlo di Confindustria Cuneo, l’ex presidente Ferrari manda delle frecciate all’industria dei motori attuale. Noto per il suo gusto raffinato e la sua attenzione ai dettagli, nutre dello scetticismo circa le moderne supercar. In particolare, boccia le elettriche, ritenendole spesso prive dell’anima e dell’eleganza che caratterizzava le vetture in passato.

Un passato da rimpiangere

Montezemolo rimpiange i maestri del design di ieri: “Zagato ha disegnato anche diverse Ferrari, oggi invece Ferrari fa disegnare modelli elettrici a gente che non ha mai progettato auto”. È di Zagato la Lancia Fulvia Sport in cui finisce per imbattersi. Mentre entra nell’abitacolo, rievocando i fasti del passato da pilota quando usava il nome Luca Nerone, “per non farmi scoprire da mio padre”, omaggia il mito: “Queste Lancia Fulvia sono capolavori assoluti per ingegneria e design. Sono felice e commosso di vederle tutte assieme”.

Alle gioie di allora fanno da contraltare le amarezze del presente. “Ma sono anche molto triste ammette —. L’Italia non ha più una produzione di automobili. Fiat non c’è più, Maserati non c’è quasi più e così Lancia e Magneti Marelli e Comau. Tutti marchi ex italiani, venduti ad azionisti esteri. Il marchio Lancia si produce ancora ma all’estero, forse in Spagna, sicuramente non più nel nostro Paese. Persino la Fiat Seicento, simbolo della nostra industria nel dopoguerra è prodotta in Polonia, mentre i nostri stabilimenti sono vuoti e gli operai vengono umiliati dalla cassa integrazione. Ci sarebbe da indignarsi, ma sento solo un silenzio assordante”.

Porte aperte alla Cina

“Qui in Piemonte – prosegue – la mia famiglia ha radici che risalgono al 1.300. Sono terre a me molto care. I miei cugini producono ottimi vini rossi a La Morra. Qui c’è un’operosità unica, una capacità di creare che ha dato i natali a Giugiaro, Bertone, Pininfarina. Il Piemonte è la casa dell’auto italiana, peccato che l’industria dell’auto sia praticamente scomparsa. Stuzzicato sulla vicenda giudiziaria relativa al sequestro di 75 milioni di euro ai tre fratelli Elkann, Montezemolo si astiene dal dare commenti: “È tutto molto triste, non mi faccia dire altro. Godiamoci le innovazioni di Vincenzo Lancia che fu un precursore in tutto e la bellezza del Monregalese”.

Sul ventilato approdo della Cina in Italia, più esattamente in Piemonte, l’avvocato esprime, però, parole di apertura. Fare la guerra lo ritiene controproducente, alla luce della crisi attuale che attanaglia il Belpaese. “Viviamo una stagione drammatica di deindustrializzazione. Sono sconcertato dal silenzio di tomba sul destino dell’industria automobilistica, ormai siamo solo l’ottavo produttore europeo di vetture. Quindi dobbiamo attrarre investitori: dall’Europa, dall’America e anche dalla Cina”. Anziché lasciarsi fermare da una questione ideologica, pensa sia il caso di supportare la manodopera locale. Ostinarsi a rifiutare il cambio degli equilibri, e precludersi affari con la Repubblica Popolare,  andrebbe a penalizzare intere famiglie. “Non possiamo lasciar morire tutte quelle aziende di componentistica auto che hanno fatto avanzare il Paese”, conclude Montezemolo.