Rimane prive di una risposta l’incidente avvenuto il 23 giugno 2023 sulla tangenziale di Napoli: l’auto esplosa, una Volkswagen Polo, era un prototipo ibrido affidato all’Università di Salerno. Dalle indagini avviate dal Cnr non sono emerse cause certe: secondo le ipotesi, l’esplosione – costate la vita alla persone a bordo, la ricercatrice Maria Vittoria Prati e il tirocinante Fulvio Filace – potrebbe essere stata innescata da alcune bombole presenti all’interno dell’auto. Ma nessuno di comunicazioni ufficiali in proposito e vige il silenzio pure sui responsabili.
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Napoli, l’auto esplosa era un prototipo ibrido-solare
L’esplosione è avvenuta attorno alle 14 sulla tangenziale di Napoli: la vettura, una Volkswagen Polo, procedeva in direzione Pozzuoli e l’incidente non ha coinvolto altre auto. La macchina, spiegava all’Ansa Riccardo Chirone, direttore dell’istituto di ricerche sulla combustione, “era un prototipo affidato all’università di Salerno per un progetto di ricerca europeo sulla ibridizzazione dei motori di cui il Cnr non è partner” e che prevedeva anche delle prove su strada.
Il prototipo, una Polo TDI di quinta generazione, era impegnato in alcuni collaudi per il progetto “Life-Save” (Solar Aided Vehicle Electrification), volta a studiare la fattibilità del retrofit dei mezzi obsoleti e punta a sviluppare un sistema economico ed efficiente per la conversione dei veicoli con motore endotermico in ibridi plug-in.
La tecnologia interessava batterie al litio, alimentate anche l’installazione di pannelli fotovoltaici sul tetto della vettura, e la motorizzazione delle ruote posteriori, su cui erano integrate due unità elettriche. Non sono stati resi di pubblico dominio molti dettagli sul funzionamento del prototipo esploso in tangenziale: la tecnologia sviluppata per abbattere le emissioni del parco circolante più anziano d’Europa implicava un funzionamento misto a benzina ed energia solare, e sarebbe stato in grado di ridurre le emissioni delle vecchie auto fino al 25% senza dover rottamare il vecchio esemplare a combustione.
Le possibili cause dell’incidente: focus sulle bombole
Secondo quanto riportato dall’Ansa, i rilievi di Polizia stradale e Vigili del fuoco parevano individuare la causa della deflagrazione in alcune bombole presenti a bordo dell’auto contenenti del gas infiammabile, forse ossigeno. Parallelamente all’indagine interna del Cnr era scattata quella della Procura di Napoli, alla quale era presto arrivata la relazione della Polstrada di Napoli sull’accaduto: l’esplosione, a quanto è dato di sapere, non aveva coinvolto ulteriori mezzi. Gli inquirenti avevano subito escluso l’ipotesi della collisione, anche perché dalle telecamere di sicurezza installate sulla tangenziale non risultano urti né con veicoli né con il guard rail.
Al centro delle indagini le bombole presenti a bordo della vettura-prototipo, contenenti un gas non ancora identificato, potenziale motivo dell’innesco dietro al drammatico terribile episodio. Potrebbe trattarsi di strumenti di misurazione delle emissioni inquinanti simili al PEMS (Portable Emission Measurement System) utilizzato sulle auto termiche, preposti a rilevare la portata del gas di scarico sfruttando una fiamma alimentata da miscele di gas, generalmente idrogeno ed elio.
L’esplosione, stando a quanto riportato dai testimoni dell’incidente, è stata improvvisa ed estremamente violenta. I parenti delle vittime continuano a invocare delle spiegazioni, invano: “Sono stati mesi di estremo dolore – ha raccontato Maria Rosaria Corsaro, madre di Fulvio -. Non ci sono novità, noi le aspettiamo”.