Per quanto la classe politica (soprattutto europea, questo va detto) cerchi di promuoverle, le auto elettriche in Italia rappresentano solo una minima parte rispetto al parco circolante. Stando ai dati del 2023, i veicoli alla spina costituiscono appena l’1%, e pare dunque complicato immaginare un futuro dominato dalle BEV. È almeno la sensazione degli scettici, sposata dall’esecutivo attualmente in carica. Una visione sostenuta pure da altri Paesi del Vecchio Continente, i quali dubitano di una crescita fino a 11,4 milioni di unità nel 2035.
Allora, è bene ricordarlo, scatterà il bando sui veicoli a benzina e diesel, salvo eventuali dietrofront. Con l’incontro di revisione tra le parti chiamate a legiferare in materia, arriveranno delle delucidazioni a riguardo. Se le auto elettriche hanno così un vasto potenziale, perché finora hanno conosciuto una diffusione limitata in Italia? Com’è facile intuire, stabilire un’unica ragione sarebbe troppo sbrigativo. Si tratta piuttosto di una commistione di fattori, che tarpano le ali all’alimentazione.
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I prezzi scendono, ma lo scoglio rimane
Ebbene, le principali barriere all’acquisto sono riassumibili in tre punti chiave: autonomia, tempi di ricarica, costo iniziale. In confronto al 2019, il prezzo medio è sceso del 12%, tuttavia lo scoglio economico rimane importante. Una famiglia comune, costretta a farsi i conti in tasca prima di sobbarcarsi determinate spese, indugia nel compiere il grande salto. Mentre scriviamo la produzione più low-cost disponibile nelle concessionarie italiane continua a essere la Dacia Spring, anche dopo il passaggio alla seconda generazione. Il marchio di Mioveni, parte del gruppo Renault, ha creato una city car molto competitiva. Basato su un approccio funzionale, privo di fronzoli fini a sé stessi, il veicolo rumeno riscuote dei buoni consensi.
Inoltre, Stellantis tenta di applicare una strategia sostenibile, sotto ogni punto di vista. Oltre alle ridotte emissioni nell’ambiente, la società italo-franco-americana intende andare incontro alla classe operaia. Proposito in parte realizzato con la Citroën e-C3 e sua cugina, la Fiat Grande Panda. Altrimenti, esiste la carta delle minicar, un genere in forte sviluppo. Gli ottimi riscontri di pubblico riscossi dalla Citroën Ami hanno spinto Carlos Tavares e soci a lanciare due “strette parenti”, quali la Opel Rocks-e e la Fiat Topolino. Peccato che i prezzi di listino delle automobili, nell’accezione stretta del termine, partano da almeno 20.000 euro.
Le tappe dello sviluppo
Nella giornata inaugurale di Rom-E, evento dedicato alla mobilità sostenibile, organizzato dalla rivista Auto e Sport Network nel fine settimana a Roma, è andato in scena un convegno apposito. Intitolato “La transizione verso una sostenibilità accessibile e reale”, ha permesso di conoscere appieno la situazione attuale lungo la nostra penisola. In apertura del panel “Transizione della mobilità e problematiche dell’automotive”, è stato sottolineato il bisogno di una rete pubblica di ricarica più capillare.
Entro il 2035 serviranno circa 239.000 punti di ricarica. L’infrastruttura AC rappresenta l’85% delle strutture oggi disponibili, ma prevarranno le stazioni ad alta potenza (HPC). Fra poco più di un decennio, il 85% dell’energia pubblica sarà erogata da infrastrutture DC e HPC, indicano gli analisti. Il percorso appare complesso, ma le previsioni e le iniziative degli esperti invitano a pensare positivo.