Recentemente si è tornati a parlare di propulsione ad idrogeno nel mondo dei motori, in concomitanza con l’uscita di un nuovo modello di e-bike che vanta una spiccata facilità di utilizzo. Nonostante i ricorsivi dubbi nessuno ha mai dimenticato questa tecnologia, che aspetta silenziosa il momento buono per farsi strada. Il suo problema risiede nella difficoltà a diventare capillare per i rifornimenti, aspetto condiviso per la verità con altre forme di energia alternative ai combustibili fossili. Ma andiamo con ordine.
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La nuova e-bike HydroRide
La nuova linea e-bike di cui stiamo parlando si chiama HydroRide e si propone un vero e proprio sistema per sfruttare al meglio la tecnologia delle celle a combustibile a idrogeno, offrendo diversi modelli tra cui anche uno pieghevole. Viene venduto un pacchetto completo dove sono compresi, oltre la bici, la bomboletta ricaricabile di rifornimento e il generatore domestico, un kit perfetto per un ipotetico tragitto casa-lavoro. Il funzionamento è relativamente semplice: il generatore di idrogeno domestico, alimentato da presa di corrente o pannelli solari, ricarica le bombolette, trasformando 200 ml di acqua purificata in 20 g di idrogeno in sei ore. Una volta ottenuto il gas si andrà a riempire la bomboletta che, in meno di dieci secondi, può essere sostituita sulla bici. Il valore aggiunto della linea di bicicletta non è tanto la velocità di ricarica (che comunque è alta), quanto piuttosto la semplicità con cui questo processo avviene.
Il motore è nel mozzo posteriore e consente alla bici di raggiungere una velocità massima di 23 km/h (seguendo la legge europea come una qualunque delle sue colleghe agli ioni di litio). L’autonomia è di circa 60 km con una singola carica di idrogeno, e il peso oscilla intorno ai 25 kg. Quest’ultimo valore è tutto sommato basso, visto che il competitor principale, Phragma Alpha, raggiunge i 30 kg. Autonomia e completezza rendono il sistema HydroRide particolarmente adatto all’uso urbano, dove è necessario avere maneggevolezza e versatilità, soprattutto nel caso dell’idrogeno.
Attualmente, i dettagli su costo e disponibilità non sono stati completamente resi noti, ma possiamo dire che il generatore costa circa 1500€, mentre la bici dai 2000 ai 4000€.
Come funziona la tecnologia a idrogeno
Per chi non avesse mai sentito parlare di questa tecnologia, è sostanzialmente una reazione elettrochimica basata appunto sull’idrogeno per ottenere energia. Il gas immagazzinato dentro bombole ad alta pressione viene lentamente rilasciato in una pila a combustibile nella quale avviene una reazione con l’ossigeno che genera due sottoprodotti, elettricità e vapore acqueo. Il primo dei due va ovviamente a depositarsi nella batteria e successivamente ad alimentare il motore elettrico, mentre il secondo non è nient’altro che un’innocua emissione senza alcun effetto in termini di inquinamento.
Nel mondo ciclistico, questa tecnologia è stata applicata con successo da aziende come la già citata Phragma Alpha che sta utilizzando questi veicoli soprattutto nel mondo del noleggio turistico. La loro e-bike utilizza una bombola di idrogeno ad alta pressione per alimentare una cella a combustibile da 480 W. In particolare, l’ultimo modello dell’azienda e chiamato Alpha Neo, sta utilizzando l’idrogeno congiuntamente ai supercondensatori (di cui abbiamo parlato qui), eliminando la necessità di una batteria al litio comunque necessaria in caso di richiesta di picchi energetici.
Pro e contro
I vantaggi della tecnologia a idrogeno sono numerosi. Primo fra tutti, la rapidità di rifornimento: riempire una bomboletta di idrogeno richiede pochi minuti, molto meno rispetto alle ore necessarie per ricaricare una batteria agli ioni di litio. Inoltre, le celle a combustibile a idrogeno non producono emissioni inquinanti, rendendole una scelta tra le più ecologiche in assoluto.
Tuttavia, ci sono anche alcuni svantaggi. La produzione e lo stoccaggio dell’idrogeno sono processi costosi e complessi. Inoltre, l’infrastruttura per la distribuzione dell’idrogeno è ancora limitata, il che può rendere difficile il rifornimento in alcune aree.
La tecnologia a idrogeno funziona meglio in settori dove la rapidità di rifornimento e la riduzione delle emissioni sono critiche, come nei veicoli leggeri (e-bike e moto) e nei trasporti pubblici urbani.
Le ultime novità
Tra le ultime novità a due ruote che sfruttano questa tecnologia vi sono il modello Youon Y800 e la Joy e-bike. La Youon Y800, dotata di un motore da 250 W e una stazione di generazione di idrogeno domestica, offre un’autonomia di 60 km con un rifornimento. Joy e-bike è invece un concept di scooter elettrico ad alta velocità e alimentato a idrogeno, il primo nella sua categoria.
Allo stesso modo, il MIT sta sviluppando una motocicletta elettrica a idrogeno, presentata come prototipo open source. Questo progetto mira a dimostrare le potenzialità dell’idrogeno nel settore delle due ruote, forse uno dei più promettenti nel breve periodo. Infine, i ricercatori della POSTECH, Università sudcoreana, hanno sviluppato un nuovo catalizzatore a base di nichel al posto del platino per la produzione di idrogeno, rendendo così il processo più economico ed efficiente.
Prospettive future
Le applicazioni future della tecnologia a idrogeno sono molteplici e promettenti. Oltre alle e-bike e alle motociclette, l’idrogeno potrebbe rivoluzionare il settore dei veicoli leggeri, ma anche delle auto e altri tipi di veicoli. Ad esempio, la Toyota Mirai è già un’auto alimentata a idrogeno disponibile sul mercato, sebbene la mancanza di infrastrutture ne abbia limitato la diffusione. Uno dei problemi è il peso delle automobili moderne e l’uso eccessivo che se ne fa: se si eliminasse buona parte di kg inutili dai veicoli si potrebbero coprire maggiori distanze con meno carica, rendendo la vita più semplice a chi deve progettare la rete di ricarica per l’idrogeno.
Tornando alle e-bike, l’adozione della tecnologia a idrogeno potrebbe portare a un aumento significativo dell’autonomia e a una riduzione dei tempi di ricarica, rendendo queste biciclette una scelta ancora più attraente per la mobilità urbana, con particolare riferimento allo sharing. Il tutto in tempi davvero molto brevi, senza parlare poi dell’impatto in termini di inquinamento e qualità dell’aria nelle città.