Catalizzatore auto: cos’è e a cosa serve

Il catalizzatore auto è un componente fondamentale introdotto nel lontano 1993 e aiuta a ridurre le emissioni allo scarico. Ecco com'è fatto e come funziona

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Francesco Menna

Ingegnere Meccanico

Laureato in Ingegneria Meccanica, sono un appassionato di motori e musica. Quando non scrivo, suono la chitarra. Il mio sogno? Lavorare nel mondo automotive.

Il catalizzatore auto (chiamato anche convertitore catalitico) è un componente cruciale nei sistemi di scarico dei veicoli dotati di motore a combustione interna. È progettato per ridurre le emissioni inquinanti provenienti dai gas di scarico. Il catalizzatore svolge un ruolo fondamentale nel migliorare la qualità dell’aria e nel consentire ai moderni veicoli di rispettare le norme antinquinamento.

È obbligatorio a partire dalle auto Euro 1, quindi immatricolate dal 1° gennaio 1993. Il catalizzatore è il rigonfiamento del tratto del collettore di scarico e, all’interno di questo segmento, sono posizionati gli elementi che lo costituiscono.

A cosa serve il catalizzatore e com’è fatto

Il catalizzatore auto è progettato per convertire i gas di scarico più pericolosi e inquinanti – formati durante la combustione di Diesel e benzina – in sostanze meno dannose. I principali componenti pericolosi presenti allo scarico sono ossidi di azoto (NOx), monossido di carbonio (CO) e idrocarburi incombusti (HC).

I catalizzatori moderni sono costituiti principalmente da materiali ceramici o metallici porosi rivestiti da metalli nobili come platino, palladio e rodio. Questi ultimi accelerano le reazioni chimiche coinvolte nella trasformazione dei gas nocivi.

Sono caratterizzati da una struttura a nido d’ape, il cui design aumenta la superficie di contatto tra i gas di scarico e i metalli catalizzatori, migliorando l’efficienza del processo di catalisi. Quest’ultimo opera attraverso due fasi principali: riduzione e ossidazione. Nella prima, il platino e il rodio favoriscono la conversione di NOx in azoto (N2) e ossigeno (O2). Nella seconda, il platino e il palladio facilitano la trasformazione di CO e HC in anidride carbonica (CO2) e acqua (H2O).

Molti veicoli moderni sono dotati di un sensore di ossigeno posizionato a monte e a valle del catalizzatore: la sonda lambda. Essa monitora il livello di ossigeno nei gas di scarico, permettendo al sistema di controllo del motore di regolare la miscela aria-carburante, per ottimizzare l’efficienza del convertitore catalitico.

Il catalizzatore, però, per funzionare correttamente, deve raggiungere una temperatura di esercizio di circa 300-350 °C, detta anche “temperatura di light-off”. È chiaro, quindi, che avviando il motore a freddo, saranno necessari alcuni minuti prima di raggiungere quei 300 °C. In quel frangente è come se il catalizzatore non ci fosse, causando quelle che vengono definite “sovraemissioni a freddo”.

Una volta raggiunta la temperatura di light-off, il catalizzatore entra in funzione e si producono le sole “emissioni a caldo”, molto più basse rispetto a quelle iniziali. Per ridurre il tempo necessario al riscaldamento del convertitore catalitico, esso viene montato quanto più vicino possibile al motore, in modo da sfruttare l’irraggiamento termico del propulsore e velocizzare l’aumento di temperatura.

Quanti tipi ne esistono

I catalizzatori per auto possono essere suddivisi in diverse categorie in base alla loro progettazione, alle funzioni e alle tecnologie impiegate, tra cui:

  • catalizzatore a tre vie (Three-Way Catalyst – TWC): è ampiamente utilizzato nei veicoli a benzina. È progettato per ridurre contemporaneamente gli ossidi di azoto (NOx), il monossido di carbonio (CO) e gli idrocarburi incombusti (HC). I metalli nobili come il platino, il palladio e il rodio svolgono un ruolo chiave nel velocizzare le reazioni chimiche di riduzione e ossidazione;
  • a due vie (Two-Way Catalyst): principalmente utilizzato nei veicoli alimentati a gas naturale, è focalizzato sulla riduzione di CO e HC, ma è meno efficiente nella gestione degli NOx rispetto al TWC;
  • catalizzatore di ossidazione diesel (Diesel Oxidation Catalyst – DOC): impiegato nei veicoli diesel, il DOC mira a ridurre monossido di carbonio e idrocarburi incombusti attraverso il processo di ossidazione. È composto da metalli come il platino e il palladio su un substrato ceramico o metallico;
  • SCR (Selective Catalytic Reduction): utilizzato principalmente nei veicoli diesel, riduce gli NOx convertendoli in azoto e acqua. Richiede l’iniezione di un reagente, spesso urea, per facilitare la reazione chimica. Il catalizzatore contiene solitamente vanadio o tungsteno come componente attivo;
  • catalizzatore di ossidazione selettiva (selective oxidation catalyst): è progettato per convertire selettivamente determinati inquinanti nei gas di scarico, come monossido di carbonio e idrocarburi incombusti, lasciando invariati gli ossidi di azoto;
  • catalizzatore per veicoli ibridi: nelle auto ibride, i sistemi di scarico possono incorporare tecnologie di catalisi per gestire eventuali emissioni provenienti da motori a combustione interna ausiliari o riscaldatori.

Una piccola curiosità su questo componente fondamentale riguarda il fatto che, essendo costituito da metalli rari, il catalizzatore auto ha un valore economico tutt’altro che trascurabile. Basti pensare che può costare dai 300 ai 1.000 euro, motivo per cui, spesso, i ladri puntano direttamente a rubare il convertitore. Le Case automobilistiche, recentemente, hanno iniziato a ideare delle protezioni specifiche per rendere il furto più difficile da portare a termine.

Come già anticipato, con l’introduzione nelle vetture Euro 1, il catalizzatore è stato uno dei primi dispositivi atti a ridurre le emissioni. Ad oggi si è evoluto in varie forme, ma il fine non è cambiato. Con il prossimo “pacchetto” di norme Euro 7, sarà ancora più difficile riuscire a tenere gli inquinanti al di sotto della soglia.