Il circuito di Misano: patrimonio della Riviera Romagnola

Storia e anatomia di un circuito, dalle strade delle località balneari, al successo di uno dei migliori impianti del motor sport mondiale

Foto di Alex Ricci

Alex Ricci

Divulgatore di motociclismo

Romagnolo classe 1979, scrittore, reporter, divulgatore appassionato di moto, storia, geografia, letteratura, musica. Adora Junger, Kapuściński, Sting e i Depeche Mode.

Alle ore 11 della domenica di un tardo Luglio del 1973, Sua Eccellenza il Vescovo di Rimini celebrava la Santa Messa “del Pilota”, inaugurando l’allora circuito Santamonica di Misano Adriatico, che ospitò il primo storico evento con gare di Formula 2, Formula Ford e Challenge Ford Mexico. Una svolta epocale per la Riviera Romagnola, che fino ad allora aveva consacrato le strade delle maggiori località balneari alle corse in moto.

Cesenatico, Rimini, Riccione e Milano Marittima erano infatti sede dei circuiti cittadini che, con l’inizio della stagione balneare, ospitavano quella che oggi sarebbe una “series”, ma che all’epoca tutti conoscevano come la romantica Temporada Romagnola. Queste gare, che grazie al grande senso imprenditoriale dei romagnoli si annoveravano nel calendario degli eventi della riviera, erano il prologo del Campionato Mondiale e vi prendevano parte i migliori piloti del mondo, su motociclette preparate dai più esperti meccanici dell’ambiente.

Grandi piloti e ricchi premi

Il livello era altissimo e i ricchi premi in denaro messi in palio dai moto club organizzatori, attiravano nomi come Read, Agostini, Pasolini, Ubbiali, Liberati, Venturi, Provini, Bergamonti, Grassetti, Hailwood, Ivy, Redman, Surtees, ecc. Come al Tourist Trophy dell’Isola di Man, tra marciapiedi e balle di fieno appoggiate ai muretti, i tracciati cittadini erano insidiosi, difficili e spesso gli eroi locali, abili conoscitori di quell’asfalto, davano filo da torcere ai grandi campioni della categoria.

Prima della Seconda Guerra Mondiale, avere una motocicletta era una cosa per pochissimi privilegiati, ma questo non inficiava la crescente passione del popolo romagnolo, che già negli anni venti viveva una fitta serie di eventi sponsorizzati dalla propaganda dell’epoca.

Il dopoguerra invece, con la sua scia di devastazione, rese fisiologico per la civiltà che avrebbe dovuto ricostruire un paese, il recupero di ogni mezzo a disposizione. Alle prime Indian e Harley-Davidson che venivano riconvertite ad uso civile, si aggiunsero Zundapp, BMW, Norton, BSA, Matchless, Velocette al fianco delle nostre Bianchi, Gilera e Moto Guzzi. Tutte moto di grossa cilindrata per l’epoca, che aprirono la strada ad altre importanti case che investirono sulla motorizzazione di massa: Benelli, Ducati, Moto Morini in primis e successivamente Minarelli, Italjet, Garelli, Malanca, Malaguti, Itom, Testi, Demm, Morbidelli e altri.

Un boom, come lo definirebbero gli storici, che incrementò la cultura della motocicletta, tanto da far pensare, già nel 1969, alla costruzione di un impianto permanente. Purtroppo, a far scattare la molla decisiva, fu il drammatico incidente del 4 Aprile 1971 avvenuto a Riccione, in cui perse la vita Angelo Bergamonti. In quell’occasione, la Temporada Romagnola fu caratterizzata da una forte pioggia e il pilota di Gussola, in sella alla MV Agusta, cadde fatalmente mentre si contendeva la vittoria con Giacomo Agostini, anch’egli su MV.

La costruzione del circuito e la fine delle corse su strada

Fu quindi lo stesso genio imprenditoriale romagnolo, che aveva messo in piedi una serie di gare di primissimo livello, ad optare per la soluzione definitiva che soddisfacesse le esigenze del motociclismo moderno. I temi centrali erano sicurezza e tecnologia, tanto che i lavori iniziarono con il contributo tecnico del Commendatore Enzo Ferrari e di un suo fidato uomo, l’ingegner Cavazzuti, che ne seguì la realizzazione. Le affascinanti corse su strada avrebbero, di lì a poco, ceduto il passo alle strutture fisse con standard adeguati al progresso che tutta l’industria motociclistica richiedeva, insieme ad un livello di sicurezza ormai necessario per i tempi.

Lo stesso Tourist Trophy uscì definitivamente dal calendario del Motomondiale dopo il 1976 per analoghi motivi e pur restando una corsa in pieno svolgimento, cambiò il suo destino, diventando il clou di un campionato di gare stradali. L’impresa di costruire un circuito permanente destò anche l’interesse di aziende come Ducati e Benelli di Pesaro che da sempre godevano di un alto gradimento tra i motociclisti della zona. Sorgendo dalle ceneri di un glorioso passato, quest’opera mise fine alle competizioni cittadine, mantenendo comunque vivo lo spirito di quel sapore antico che scorre nelle vene di chi è nato nella terra de mutòr con nomi di curve come “Carro”, “Quercia” o “Tramonto”.

La fortuna di Misano era scritta e dal 1973, il Motomondiale e tutti i campionati derivanti hanno trovato una location ideale e un appuntamento imperdibile che ha sempre mostrato grande consenso di pubblico. Un successo che nel tempo ha portato la “Pista del mare”, come veniva chiamata, a cambiamenti e aggiornamenti strutturali. Secondo gli esperti, queste evoluzioni hanno reso il Misano World Circuit “Marco Simoncelli”, adatto ad accogliere i maggiori eventi del motor sport internazionale.

Una realtà sempre aggiornata

Il primo intervento risale al 1993, con il passaggio dai vecchi box all’aperto, a locali moderni dotati di servizi e all’allungamento del percorso da 3.488 a 4.060 metri. Mentre i nuovi box furono completati in un secondo periodo, tra il 1996 ed il 1997, nel 1998 fu ampliata l’area paddock fino a 40.000 m2. Il 2001 vide aumentare il numero delle tribune alla curva del Carro e nel 2005 venne completato il nuovo ingresso “Daijiro Kato”. Il ritorno della MotoGP, dopo qualche anno di pausa, generò altri cambiamenti con l’allargamento dell’asfalto ed un ulteriore allungamento a 4.180 metri nella zona già modificata nel 1993, ma il più radicale di tutti fu l’inversione del senso di marcia in ottica sicurezza.

Già culla di molte innovazioni, nel 2007 divenne il primo impianto a raggiungere la copertura wireless su tutta l’area. Altri lavori di ristrutturazione terminati quest’anno, hanno aggiunto box e spazi per varie utenze, un’area aperta tutto l’anno con negozi dedicati, bar, ristorante e un ultimo ritocco al tracciato che ha raggiunto i gli attuali 4.226 metri di lunghezza.

Lo scorso weekend, in occasione del quarto round del WorldSBK, questo impianto ha ritrovato il numeroso pubblico che la pandemia aveva tenuto lontano dalle sue tribune, battendo di misura (oltre 66.000 a più di 43.000 nella sola giornata di domenica), il numero di spettatori della gara di Motomondiale del Mugello di due settimane prima. La storia del circuito di Misano è quindi fondamentale per capire l’importanza del motociclismo in Romagna e di come il successo di questa struttura affondi le sue radici tra i marciapiedi e i muretti delle storiche località in riva all’Adriatico.