Le cinque moto che hanno fatto la storia della Superbike

Cinque modelli di serie che hanno fatto la storia della Superbike

Foto di Alex Ricci

Alex Ricci

Divulgatore di motociclismo

Romagnolo classe 1979, scrittore, reporter, divulgatore appassionato di moto, storia, geografia, letteratura, musica. Adora Junger, Kapuściński, Sting e i Depeche Mode.

Il World Superbike è da sempre i palcoscenico internazionale più importante per le moto sportive derivate dalla serie. A contendersi il titolo di questa categoria sono le maggiori case costruttrici del motociclismo moderno che, dal 1988 anno della sua nascita, schierano tra team ufficiali e privati, le supersportive di punta presenti nei rispettivi cataloghi. A volte improponibili al pubblico per il prezzo, altre volte, sbalorditivamente competitive anche con un discreto successo tra gli utenti, i modelli che hanno fatto la storia di questo campionato sono tanti. Ne indichiamo cinque che hanno segnato la superbike di qualche anno fa e che rimarranno per sempre nel cuore di tutti gli appassionati.

Honda RC30

E’ stata la prima a vincere il titolo e per due anni consecutivi. La Honda produsse questa moto che grazie a un quattro cilindri a V prometteva prestazione da Gran Premio, costava 22.000.000 di lire italiane, ma faceva letteralmente impazzire gli affezionati del marchio. Affidata a Fred Merkel e sotto la gestione del team Rumi, che all’epoca era un punto di riferimento di Honda, questa moto vinse consecutivamente i mondiali 1988 e 1989 battendo Ducati, Bimota e Yamaha che gareggiavano con piloti di primissimo livello quali Lucchinelli, Pirovano, Tardozzi e Mertens.

Era un concentrato di tecnologia per l’epoca e lo dimostrarono i risultati. Vinse gare in tutto il mondo a al TT dell’Isola di Man, Steve Hislop fece registrare il giro record alla folle media di 120 miglia orarie. Pensata anche per il Mondiale Endurance, è stata una moto geniale con soluzioni come il monoforcellone posteriore, grazie al quale era più rapido un cambio gomme in fase di gara. Fece innamorare così tanto che il giornalista Roberto Patrignani decise di correrci il Tourist Trophy e scriverci un libro.

Ducati 916

E’ la moto più iconica delle Ducati bicilindriche da Corsa. Con questo modello, che negli anni assunse la sigla di 996 e 998 nelle sue evoluzioni, Carl Fogarty vinse due dei i suoi quattro mondiali e passato il testimone, anche Troy Corser vinse un titolo, mentre Troy Bayliss portò a casa uno dei tre mondiali della sua carriera.

Il progetto è stato sviluppato dal Centro Ricerche Cagiva sotto la direzione del geniale Massimo Tamburini e quando venne presentata al Salone di Milano, la 916 riscosse un immediato successo conquistando il premio di moto dell’anno da parte degli addetti ai lavori. Era così bella in tutto che sembrava correre anche da ferma e con il telaio a traliccio che affiorava da dietro una carenatura affusolata e minimale, rompeva gli schemi come fossero noccioline. Una moto per duri e puri che, dal 1994 al 2002, è stata il riferimento e la moto da battere in Superbike e nonostante qualcuno c’è riuscito in pista, nella mente degli appassionati resta imbattuta.

Honda VTR 1000 SP1

Non avendo i quel periodo una Supersportiva di livello che potesse battere le potenti e leggere bicilindriche che dominavano il mondiale, alla Honda pensarono di accendere una sfida nella sfida. Il che consisteva nel progettare una moto nuova che entrasse di prepotenza nel campo avversario, quello delle 1000 due cilindri e poi battere la concorrenza in pista. Nacque la Honda VTR 1000 SP-1, una belva da 999 cc per 200 Kg, che sviluppava 127 Cv.

Prodotta dal 2000 al 2001, costava il corrispettivo in euro di 15.500, chiavi in mano, ma era veramente una moto rivoluzionaria per il marchio dell’ala. Affidata a Colin Edwards, vinse il titolo al debutto nella massima serie per le moto di produzione, battendo nel 2000 proprio le Ducati. Ristabilite le gerarchie con Bayliss l’anno dopo, nel 2002 l’HRC mise in pista la VTR 1000 SP-2 con la quale i giapponesi batterono ancora una volta i rivali di sempre. Insieme alla RC30 è la Honda del WSBK che tutti gli ricordano e dopo aver lasciato spazio alla gamma CBR con il cambio di regolamento che permetteva di schierare 1000 cc quattro cilindri, la stirpe VTR è rimasta nel cuore e nei garage di molti appassionati.

Aprilia RSV 1000 R

Concepita nel lontano 1993, l’RSV 1000 R andò in produzione solo nel 1998 e venne presentata da piloti d’eccezione della casa di Noale come Loris Capirossi, Valentino Rossi e Tetsuya Harada in occasione del Gran Premio città di Imola del Motomondiale. L’Aprilia aveva deciso di entrare in un segmento del mercato dominato da giapponesi, Ducati e MV Agusta, le sportive di grossa cilindrata. Dopo anni di moto due tempi dove aveva fatto scuola.

aprilia superbike corser
Fonte: getty images
Corser su Aprilia

Presentarono una bicilindrica da 997 cc. con motore a V di 60° che sprigionava una potenza di 118 Cv. Pensando di promuoverla nel modo migliore, entrò nel mondiale Superbike nel 1999 e nel 2000, con Troy Corser, giunse terza in classifica generale. Il 2002 è stato l’ultimo anno di partecipazione e al momento di rinnovare la gamma è uscita dal campionato. Questo no ha fermato Aprilia che ha continuato a produrre modelli stradali di successo e nel 2009 è rientrata nella classe regina con RSV 4 vincendo tre titoli mondiali complessivi con Max Biaggi e Sylvain Guintoli. L’RSV 1000 R è importante perché è la prima Aprilia da corsa quattro tempi e il suo arrivo Superbike portò benefici anche al campionato. E’ stata competitiva anche se non ha mai vinto il titolo, ma ha aperto un mercato fino ad allora sconosciuto alla marca veneta.

Yamaha YZF-R1 2009

Per lo sbarco in Europa di un “marziano”, la Yamaha aveva in serbo un vero razzo interstellare, l’YZF-R1 con motore a scoppi irregolari. 180 Kg per 180 Cv da affidare al cowboy più forte dell’epoca, Ben Spies. Debuttante su un modello debuttante, nel 2009 il texano arrivava al mondiale Superbike dopo tre titoli consecutivi nell’allora AMA, in sella alla Suzuki. Non conosceva le piste, non conosceva la moto, ma il feeling con l’ultima delle R1 concepite fino ad allora è stato idilliaco.

Spies si faceva notare per il suo stile arrembante, fisico e con i gomiti larghi, su una Yamaha che ne assecondava ogni manovra. Rookie dei rookie, ha battuto piloti come Biaggi e Haga e per una Yamaha nuovissima, fu titolo al debutto, il primo assoluto della categoria per la casa dei tre diapason. Bella e con una carenatura stilizzata, è stato il modello che ha dato il via alla nuova era delle supersportive di Iwata nel mondiale che, orfane di Spies dopo una sola stagione, hanno vinto tantissime altre gare e sfiorando il titolo fino a quello del 2021 conquistato da Razgatlioglu. L’R1 del 2009 è la capostipite delle Yamaha vincenti in Superbike.