Incidenti sulle strade italiane: numero di morti da brivido

Negli ultimi 32 anni, gli incidenti stradali in Italia hanno ucciso un numero impressionante di persone: scomparso l’equivalente di una grande città

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Alessandra Caraffa

Esperta di automotive

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Negli ultimi 32 anni, sulle strade italiane sono morte 163.052 persone, un numero più alto dell’attuale popolazione di città come Perugia, Ravenna o Livorno. È quanto riportato dall’Ufficio Studi dell’Asaps, l’Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale, che ha elaborato gli ultimi dati Istat per fornire una retrospettiva completa in materia di sicurezza sulle strade italiane.

I dati analizzati coprono un periodo di oltre trent’anni, dal 1991 al 2022, e sono divisi in base all’anno e alla regione: ad avere più morti sulle strade, negli ultimi 32 anni, la Lombardia, seguita da Emilia Romagna e Veneto. L’annus horribilis della sicurezza stradale, invece, è stato il 1991.

Incidenti mortali in Italia: in calo dal 1991

Tra il 1991 e il 2022, le vittime di incidenti stradali in Italia sono state 163.052: è quello che emerge dalla retrospettiva elaborata dall’Asaps sulla scorta degli ultimi dati forniti dall’Istituto Nazionale di Statistica.

L’anno con il maggior numero di morti sulle strade è stato il 1991: in 12 mesi, le vittime di incidenti stradali sono state 7.498. Il dato più basso è quello del 2020, in cui si sono contati 2.395 morti, “ma solo a causa della pandemia e del blocco alla circolazione durato diverse settimane”, specifica l’Asaps. Il numero dei morti sulle strade, oggi, si attesta tra le 3.300 e le 3.400 vittime, meno della metà rispetto ai picchi rilevati negli anni Novanta: merito anche dell’introduzione della patente a punti e della stretta sull’alcol alla guida – introdotta nell’ultima grande riforma del Codice della Strada, nel 2010 – che ha permesso di scendere sotto il muro delle 4.000 vittime.

Le regioni che hanno avuto più vittime in questi 32 anni sono la Lombardia, con 23.650 morti, l’Emilia Romagna (18.157 vittime), il Veneto (17.051), il Lazio (15.796) e il Piemonte (13.670).

Morti sulle strade: i rischi maggiori per gli utenti vulnerabili

Se si estrapolano però i dati relativi ai pedoni, gli utenti in assoluto più vulnerabili della strada, il disegno appare molto meno migliorativo: l’anno peggiore per i pedoni è stato il 2002. In quell’anno sono morte 1.226 persone, molte delle quali uccise sulle strisce pedonali, “il luogo che dovrebbe essere il più sicuro”. In totale, tra il 1991 e il 2022, i pedoni vittime di incidenti stradali sono stati 23.935, quelli feriti 607.639.

Facendo la media sui trent’anni, emerge che quasi il 15% dei pedoni che incorre in un incidente stradale ne resta vittima. E come rilevato dall’Istat, il quadro va peggiorando: mentre il numero di incidenti e feriti scende, infatti, quello delle vittime della strada resta stabile rispetto agli anni appena precedenti. Il dato fa ancora più impressione se si pensa che gli incidenti stradali, nel 2022, sono stati la prima causa di morte tra i giovani di età compresa tra i 5 e i 29 anni.

Tra i comportamenti più pericolosi alla guida, la velocità troppo elevata, il mancato rispetto della precedenza e la distrazione, che costituiscono da soli la causa di quasi il 40% degli incidenti. Secondo una recente indagine, anche il colore dell’auto può influire sul numero degli incidenti (o meglio: la volontà di distinguersi a tutti i costi, anche mettendo in atto comportamenti pericolosi).

Secondo uno studio dell’Insurance Institute for Highway Safety del 2018, il tasso di mortalità è salito così tanto (+29% a livello europeo tra il 2010 e il 2018) soprattutto a causa della diffusione di vetture sempre più grosse e potenti. Secondo i dati dell’IIHS, gli impatti letali tra pedoni e SUV sono cresciuti dell’81% in meno di 10 anni. A tutto questo, poi, vanno aggiunti gli incidenti in monopattino, che rappresentano da un paio d’anni a questa parte un indice a se stante in materia di sicurezza stradale.

L’appello Asaps al Governo: servono nuove norme

Grazie ai dati Istat e in base ai costi sociali calcolati per ogni decesso (un milione e mezzo di euro), Asaps ha calcolato un costo sociale di 244 miliardi di euro, che definisce “probabilmente molto sottostimato” per le perdite umane avute in 32 anni, “una cifra spaventosa che deve assolutamente ridursi per i prossimi decenni”.

Lo spaccato elaborato dall’Asaps, si legge in una nota dell’Associazione, “dimostra che solo grazie a grandi riforme del codice della strada, come la patente a punti, abbinata a controlli sulle strade con divise, etilometri e strumenti di controllo velocità, si possono avere risultati straordinari e diminuzione delle vittime e dei feriti”.

Penso che ogni decisore politico debba comprendere quanto sia fondamentale investire su norme più moderne ed attuali, su infrastrutture e segnaletica ma soprattutto sulla presenza in strada di agenti e pattuglie che possano incidere sui comportamenti più gravi”, afferma il presidente Asaps Giordano Biserni, “ecco perché lanciamo un forte appello, proprio a ridosso dell’avvio dell’esame del disegno di legge di riforma del codice della strada voluto dal Governo”.

Il Parlamento, conclude Biserni, deve inserire “norme che permettano di ridurre i morti sulle strade, di evitare stragi di pedoni, ciclisti e motociclisti”. Anche perché, i dati degli ultimi trent’anni dimostrano che alcune iniziative possono avere un impatto concreto.