Scontro aperto: anche Salvini “attacca” Stellantis

Anche Matteo Salvini interviene contro Stellantis, dopo l’ultimo scambio di botta e risposta tra l’ad del gruppo, Carlos Tavares, e il Governo italiano

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Manuel Magarini

Giornalista automotive

Classe 90, ha una laurea in Economia Aziendale, ma un unico amore: la scrittura. Da oltre dieci anni si occupa di motori, in ogni loro sfaccettatura.

Brusca frenata per Mirafiori. Con una decisione annunciata nella giornata di ieri, lunedì 5 febbraio, Stellantis ha disposto la cassa integrazione per lo stabilimento torinese. Complessivamente, 2.260 lavoratori saranno in cassa integrazione (CIG) a marzo, tra i 1.251 addetti alla Fiat 500e e i 1.009 alle Maserati. Le 4 settimane di CIG fino al 30 marzo si sommano allo stop proclamato dal 12 febbraio al 3 marzo.

Il primo stop era stato decretato a causa dell’incapacità di adeguare i flussi produttivi delle vetture assemblate all’andamento transitorio della domanda di mercato. In parole povere, l’azienda sta creando più veicoli di quelli che riesce effettivamente a vendere. Ciò dipende da una serie di fattori, tra cui le difficoltà logistiche legate all’approvvigionamento (soprattutto dei microchip) e la crisi di settore.

Le ristrettezze economiche e lo scoppio dell’inflazione determinano una minore propensione all’acquisto. Attualmente gli operai in CIG a zero ore sono 350, mentre gli altri presteranno perlopiù servizio presso l’Hub di Economia Circolare.

Gli effetti su Mirafiori

Il provvedimento adottato dal management comporta non solo la decurtazione dello stipendio, bensì tarpa le ali a Mirafiori. Che sembrava potesse prendere il volo dopo l’inizio della commercializzazione della city car 500e negli Stati Uniti, giunta propri in questi giorni. E in grande stile, forte di una testimonial d’eccezione quale la popstar e attrice Jennifer Lopez.

La tiratura giornaliera diminuirà a 215 vetture, quasi la metà di quante sono state assemblate nel 2023. Si allontana, di conseguenza, l’obiettivo di chiudere l’anno a quota 100.000 unità realizzate. Di questo passo, ne uscirebbero 20.000 in meno, attestandosi tra le 50.000 e le 60.000. Un quarto del target minimo affinché l’impianto sia sostenibile. E non finisce qui, giacché il marchio Maserati è in un periodo di stasi. Oltre al rinvio della berlina, la Quattroporte e la Ghibli sono sul viale del tramonto, e presto terrà loro compagnia la vecchia Levante.

Sulla manodopera i danni saranno attenuati dalla cassa a rotazione. Ma i rappresentanti dei lavoratori esprimono preoccupazione, esortando a commissionare un nuovo modello nello stretto immediato. Il malcontento è stato, ad esempio, manifestato da Edi Lazzi: “Un altro dato ultranegativo della fase che stiamo attraversando – ha dichiarato il segretario generale della Fiom torinese -. Ci sono tanti segnali che ci fanno tremare i polsi”.

Il numero uno della Fim torinese, Rocco Cutrì, invita a tenere la guardia alta: “Il caso Mirafiori deve essere di rilevanza nazionale, lo stabilimento deve essere messo nelle condizioni di avere prospettive”. Che il destino di Mirafiori fosse appeso a un filo già lo aveva fatto intuire l’ad di Stellantis, Carlos Tavares. Che, in un’intervista concessa a Bloomberg, aveva parlato di fabbrica a rischio, insieme a quella di Pomigliano d’Arco, a causa delle politiche del Governo italiano sui sussidi per l’elettrico.

La replica di Giorgia Meloni

Alle dichiarazioni del CEO ha replicato Giorgia Meloni. Concluso il vertice bilaterale a Tokyo con il premier giapponese Fumio Kishida, la presidente del Consiglio ha commentato: “Ribadisco che siamo interessati a ogni investimento che può produrre posti di lavoro, siamo molto attenti al campo dell’automotive, ne abbiamo parlato anche oggi nell’incontro che ho avuto con i vertici di alcune aziende giapponesi. Ho letto delle dichiarazioni di Tavares sugli incentivi ma non ho trovato l’intervista. Mi sarebbe sembrato curioso, gli incentivi non possono essere rivolti solo a un’azienda e noi abbiamo messo 1 miliardo sugli ecoincentivi. Per questo quello che ho letto mi è sembrato bizzarro.

Se il conglomerato ha assicurato che le Maserati continueranno a nascere lungo la nostra penisola, le proposte nazionalpopolari vengono assegnate all’estero. La Panda a batteria vedrà la luce a Kragujevac, in Serbia. Una doccia fredda per la maestranza di Pomigliano d’Arco, che andrà avanti a realizzare la generazione attuale (sotto il nome di “pandina”) fino al 2026.

Inoltre, la Topolino (fresca di approdo della Dolcevita), microcar guidabile a partire dai 14 anni, è assemblata a Kenitra, in Marocco, e la 600 ibrida ed elettrica (di cui sono stati annunciati i prezzi) a Tychy, in Polonia, dove fanno pure le 500 non elettriche. Altrettanto significativa è l’operazione attuata in Algeria, nel complesso di Tafraoui-Orano, in cui saranno prodotti quattro modelli, a partire dalla 500 Hybrid. “Se si ritiene che produrre in altre nazioni dove c’è un costo di produzione inferiore sia meglio – ha aggiunto Meloni – non posso dire niente però non mi si dica che l’auto che viene prodotta è italiana e non la si venda come italiana.

L’affondo di Matteo Salvini

Al duro scontro tra Stellantis e il Governo, si aggiunge, quindi, ulteriore materiale, destinato ad alimentare le polemiche. Altrettanto duro è stato l’affondo di Matteo Salvini: “Con tutto quello che agli italiani è costata l’ex Fiat, l’attuale Stellantis è l’ultima che può imporre, disporre o minacciare, ha osservato il vicepremier, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.

“Diciamo che lo stato ci è già entrato 18 volte con i soldi dei cittadini. Io – ha proseguito il leader della Lega – sono per il privato, che faccia il privato ma è troppo comodo fare il privato come lo hanno fatto questi signori che poi hanno trasferito all’estero sedi e stabilimenti. Quindi, non penso che lo stato italiano possa accettare imposizioni da signori che con l’Italia hanno poco a che fare”.

I finanziamenti alla Fiat che fu

Il report più recente risale al 2012, quando Federcontribuenti calcolò la cifra di finanziamento accordata a Fiat fino ad allora dal 1975: 220 miliardi di euro. Nel 2020, durante il secondo governo Conte e nel pieno della pandemia di Covid-19, FCA Italy ha ottenuto una linea di credito di 6,3 miliardi di euro, accordati da Intesa Sanpaolo, sui quali lo Stato ha messo la propria garanzia.

Due anni dopo Stellantis ha reso noto che la linea di credito è stata rimborsata in anticipo rispetto alla scadenza prefissata. Tuttavia, i livelli di produzione in Italia non sono mai tornati a quelli precedenti all’emergenza sanitaria. Nel mentre, è forte l’investimento sulla Francia, da qui le indiscrezioni (poi smentite da ambo le parti) circa un’eventuale fusione con Renault, per un super polo a tinte bleu.

Sulla questione ha preso parola pure John Elkann, presidente della holding olandese Exor: “Stellantis è impegnata al tavolo automotive promosso dal Mimit – ha dichiarato all’ANSA – che vede uniti il governo italiano con tutti gli attori della filiera nel raggiungimento di importanti obiettivi comuni per affrontare insieme la transizione elettrica”.