L’e-bike senza batteria che si ricarica pedalando

Dalla Francia una e-bike che sfrutta i supercondensatori per ricaricarsi: niente cavi né prese di corrente, serve solo l’energia delle vostre gambe.. forse

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Riccardo Asta

Giornalista smart mobility

Nato a Genova nel 1985, laureato in architettura ma con una formazione multidisciplinare. Da anni collabora con riviste specializzate trattando temi legati alla mobilità sostenibile e al mondo bici, occupandosi in particolare del segmento e-bike e di tutte le novità che lo riguardano

Una bici elettrica senza batteria? Non proprio, il modello Pi-Pop di cui forse state sentendo parlare in questo periodo, è a tutti gli effetti una e-bike, che però si ricarica grazie alle gambe di chi pedala e alle sue frenate. Sfrutta infatti il ben noto principio di una dinamo, ma lo fa in maniera molto più efficiente tramite l’utilizzo dei supercondensatori. Niente cavi né prese di corrente, quello che serve alla bici elettrica prodotta dall’omonima azienda francese è l’energia muscolare del ciclista e quella potenziale del territorio. 

E’ proprio su quest’ultima forma di energia che si basa il sistema di frenata rigenerativa che vediamo già applicato su molti veicoli elettrici ma poco sulle bici, essendo il suo funzionamento direttamente proporzionale al peso del veicolo. Nonostante ciò esistono diversi studi sull’argomento ed esempi applicativi anche nel ciclismo, come l’e-bike Vello+ Titan che e una decina d’anni fa portò alla ribalta il brevetto italiano Zehus, basato appunto sul recupero dell’energia cinetica. Nel caso della Pi-Pop però le cose sono diverse e tutto ruota intorno a questi supercondensatori. Vediamo di capire meglio di cosa si tratta.

I supercondensatori

I supercondensatori sono sostanzialmente degli accumulatori di energia basati su di un principio di funzionamento elettrostatico e non chimico, come invece fanno le classiche batterie. 
Sono formati da materiali semplici e di facile reperibilità tipo carbone attivo, alluminio, cellulosa e polimeri plastici. Il loro utilizzo permette diversi vantaggi tra cui: 

  • una ricarica completa in pochi secondi
  • minor peso dell’accumulatore
  • riciclabilità dei componenti
  • cicli di ricarica pressoché infiniti

Sono quindi dei dispositivi tecnologicamente avanzati e già utilizzati nei veicoli elettrici per recuperare l’energia cinetica e restituirla ad esempio durante le accelerazioni. È dimostrato che la fase di ripartenza è quella che consuma più energia in assoluto ed in maniera proporzionale al peso del mezzo. Purtroppo però è un aspetto che viene poco considerato da chi si occupa di mobilità e i supercondensatori potrebbero dare una grossa mano in questo senso. La riduzione della velocità nei centri urbani, i luoghi più soggetti ai picchi di inquinamento, non è solo utile in termini di sicurezza stradale, ma limiterebbe anche questi inutili e continui stop’n’go che causano smog, inquinamento acustico e nervosismo alla guida.

I punti critici 

I supercondensatori hanno degli innegabili vantaggi ma la Pi-Pop non sembra essere la soluzione che tutti aspettavamo. L’energia che parte dalle vostre gambe è una certa quantità, la quale può essere utilizzata per spostarvi oppure per ricaricare l’accumulatore, non per entrambe le cose. In pratica scordatevi che pedalando per la strada ricaricherete in modo consistente la vostra batteria, a meno che non siate disposti a fare il doppio della fatica. 

I superconduttori sicuramente aiutano e permettono un utilizzo interessante dell’e-bike, ma siamo ancora distanti dal concetto di autoricarica. Soprattutto perché la Pi-Pop ha un peso comunque nella media per una bici elettrica (superiore ai 20 kg), il quale si fa sentire sia basse pendenze che addirittura in pianura. Diverso il discorso se fossimo sotto il 15 kg, un valore a cui anche una e-bike potrebbe essere guidabile da spenta. 
Inoltre, non consentire la ricarica a muro potrebbe essere un ulteriore problema perché i supercondensatori si scaricano molto rapidamente: questo significa che ogni mattina ci troveremmo a secco e, a meno che non abbiamo una discesa sotto casa, potremmo di fatto non ricaricare la bici fino ad un livello sufficiente.

I vantaggi 

Però i vantaggi della Pi-Pop ci sono, i supercondensatori sono meno inquinanti e composti in gran parte da materiali  riciclabili e non dalle terre rare. Durano molto di più e non soffrono dell’effetto memoria come le classiche batterie, il che significa cicli di ricarica pressoché infiniti. Secondo il produttore la durata di vita stimata dei superconduttori è di 10 – 15 anni, superiore a quella delle batterie agli ioni di litio e al piombo.

Bisognerebbe riuscire ad ottimizzarli su bici più leggere che permetterebbero di sfruttare al massimo le loro potenzialità nelle fasi di ripartenza, quelle più energivore, e magari anche in accoppiata con batterie al litio o sistemi meccanici come quelli delle bici a molla. Avere dei picchi di ricarica può essere molto utile in territori morfologicamente dinamici, lo spreco energetico sarebbe ridotto all’osso.

Prezzo e disponibilità 

L’e-bike Pi-Pop è attualmente disponibile in pochi esemplari ma l’azienda produttrice francese sta già pensando di ampliare la produzione. Il prezzo dichiarato sul sito ufficiale è di 2450 €, e non sarebbe male se davvero riuscisse a fare quello che promette. L’unico modo per capirlo davvero sarebbe provarla, ma al di là di questo l’idea è comunque interessante e speriamo sia l’inizio di un nuovo periodo di sperimentazioni. Ad oggi purtroppo Pi-Pop è afflitta soprattutto dal problema del peso, nonostante presenti buone caratteristiche tecniche come il cambio Shimano a 7 velocità, forcella telescopica ZOOM e freni a disco. Sembra anche facile da guidare visto che non ha livelli di assistenza e gestisce l’autoricarica in maniera autonoma. 

Una soluzione green?

Quando si parla di energia purtroppo la coperta è sempre troppo corta, non esistono soluzioni magiche e nemmeno Pi-Pop lo è. L’unico modo per risolvere è quello che non voliamo affrontare in maniera diretta, ossia consumare meno. Tradotto in termini pratici e applicato alla mobilità significherebbe adottare stili di guida meno energivori, andare più piano e soprattutto utilizzare veicoli più leggeri. Siamo disposti a farlo? Purtroppo le normative non ci danno una mano e gli ultimi incentivi si sono forse troppo concentrati a considerare aspetti secondari come la scelta del tipo di trazione, non contemplando temi più urgenti come il peso dei veicoli e l’educazione alla mobilità.